Gio01 Articolo finalista Premio Giornalismo “Otto milioni” 2020

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Gio01 Articolo finalista

Angela Maria Tiberi

Intervista Sara Guasti

D:- Buongiorno Sara Guasti, iniziamo questa intervista con una tua breve biografia?

R:- Buongiorno Angela e grazie per la domanda.
Sono nata con la vita stessa, sono la sua fine dopotutto…oh, scusate ero ancora presa dal ruolo di Calaca messicana!
In realtà sono nata a Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, il 13 agosto 1974.
Ho iniziato a far teatro andando direttamente sul palco nel 1993 presso l’Associazione Teatrale Santo Stefano di Campi Bisenzio (FI) recitando in numerose commedie, sia in vernacolo fiorentino sia in lingua.
Nel corso degli anni mi sono sempre interessata alla recitazione e all’espressività corporea, sia con il teatro di strada sia seguendo corsi di teatro danza.
Fra le collaborazioni artistiche che mi stanno più a cuore c’è quella col pittore Alessio Calega, in quanto ho recitato durante i suoi vernissage ispirati a “Il cuore rivelatore” di Poe; poi quella con Massimiliano Vintaloro di “Il Teatro delle Muse”, nello spettacolo “Fire!” da lui scritto sulla emigrazione degli italiani e sulla tragedia dell’incendio della Triangle Shirtwaist Company in America; e, ovviamente, quella con Cecilia Salaices.
Amo scrivere poesie.

D:- Perché sei attratta dalla festa dei morti messicana?

R:- Il fatto che la Morte, per i messicani, venga vissuta come una grande Festa mi riconcilia con la Vita e con i suoi inevitabili passaggi.
Rendere questo momento, finale e drammatico, una occasione per celebrare la Vita, per Ricordare, per continuare a prendersi cura dei cari dopo la loro dipartita, mi consola.
Le “ofrenda” sono la più amorevole manifestazione d’affetto che si possa portare avanti per i nostri defunti: quali erano i cibi preferiti, la loro passione, i loro volti, i profumi vengono esposti sugli altari domestici.
Tutto continua in qualche modo ad esistere e lo trovo bellissimo!

D:- Perché vuoi rendere giustizia alle ragazze messicane uccise nel genocidio messicano?

R:- Prima di tutto perché sono donna e sento l’urgenza di schierarmi contro le violenze che nel mondo, le donne, devono subire.
Mi sono concentrata sulle vittime di Ciudad Juarez perché sono rimasta impressionata dall’elevato numero di femminicidi e, di contro, del totale disinteresse dello Stato e del resto del mondo.
So che esiste già uno spettacolo teatrale che parla di questo caso, mi sono messa in contatto con Donne di sabbia, che portano lo spettacolo tradotto di Humberto Robles, le ho informate della mia intenzione di creare un monologo, formula teatrale che amo particolarmente, che potesse raccontare di questi fatti e hanno gradito, purché se ne parli, appunto.

D:-  Evidenzia il tuo messaggio nella lotta per la dignità della donna nel mondo?

R:- Credo che la donna, ma anche l’uomo, debba liberarsi innanzitutto dai numerosi stereotipi imposti dalla Società attraverso i secoli.
Riscoprire e prendere coscienza dell’uguaglianza dei diritti e della bellezza delle diversità. Rendersi il più possibile economicamente indipendente, cercare di fare rete di solidarietà con uomini e donne dai simili valori.

D:-  Evidenzia le parole di denuncia per la morte barbarica delle ragazze messicane e della poetessa messicana

R:- Come non usare le parole di Susana Chavez, la poetessa di Juarez che scriveva e marciava nelle manifestazioni contro la violenza sulle donne?
NI UNA MUERTA MAS!
Non una morta di più.
Denunciando, con l’arma della poesia, la brutalità.
Susana ha pagato il suo coraggio e la sua passione con la vita stessa.
è stata uccisa e mutilata come un avvertimento.
L’avvertimento, però, che dobbiamo cogliere è solo questo: continuare a scrivere, a lottare con la cultura e la ragione perché sono armi che tagliano più di un coltello,spaventano e risvegliano la coscienza più di una bomba.

D:-  Come hai conosciuto Cecilia Salaices?

R:- Ho conosciuto Cecilia in occasione delle mie ricerche per lo spettacolo Yo soy Calaca.
Era il primo novembre 2016 a Roma e io, prima di scappare a prendere il mio treno per Firenze, volli assolutamente fermarmi in una chiesa in cui sapevo che la Comunità messicana avrebbe festeggiato e mostrato l’Altare dei Morti.
Rimasi affascinata dal temperamento di Cecilia, dalle sue spiegazioni, dal fatto che la cultura messicana osasse prendere in giro la Morte mostrando teschi con sombrero e sigaro!
Nella religione cattolica mai avevo visto festeggiare la commemorazione dei defunti così! Quando l’avvicinai, a fine presentazione, le parlai del mio progetto di accostare questa tradizione messicana ai terribili fatti di femminicidio sul confine fra Messico e Stati Uniti e ricordo che lei mi prese le mani, mi guardò intensamente negli occhi e mi disse: Cara, per qualsiasi cosa, assolutamente, scrivimi o chiamami perché la cosa che vuoi fare è molto importante.
Da quel giorno non sono mai mancata alle sue presentazioni degli Altari dei Morti e alla fine ha realizzato il mio sogno: recitare “Yo soy calaca” davanti all’Altar de Muertos nella Chiesa di Santa Maria della Luce in Trastevere!

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