Nar01 Brano finalista Premio Narrativa “Otto milioni” 2020

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Nar01 Brano finalista

Alessandro Corsi

CIELO DI PIUME

Solo rare persone parlavano di quel luogo.
Gli avevano detto, addirittura giurato, che era una terra perfettamente pianeggiante, quasi fosse un tavolo da biliardo.
Si protendeva ben oltre l’orizzonte ed era interamente ricoperta di u= n’erba fittissima, di un improbabile colore azzurro.
Comunque, la cosa più difficile da credere, di quel mondo, era il cielo: verde e formato di piume.
Nessuno era mai volato fin lassù, per sapere come potesse rimanere sospeso o cosa ci fosse al di là di esso.
Era una terra in cui il mistero si respirava come l’aria stessa.
Nessuno sapeva come ci si poteva giungere, ma chi ci fosse riuscito sarebbe stato forse capace di scoprire tutti i segreti del cosmo.
“Probabilmente ci si arriva attraverso i cancelli del sogno, posta come deve essere oltre la soglia del sonno” si volle dire Giovanni, un giorno in cui si sentiva più a disagio del consueto.
Fu così che si mise a sognare d’impegno ogni volta che gli era pos= sibile cercando, fra gli innumerevoli mondi che riusciva a vedere dor= mendo, quello che desiderava conoscere al di sopra di ogni altro.
L’esploratore divenne più taciturno del solito.
Agli amici, che cercavano di sapere perché si rinchiudesse così a lun= go in casa, rispondeva evasivamente.
Gli avrebbero riso in faccia, non avrebbero capito, se avesse detto loro la verità.
Avrebbe aspettato fino a quando non fosse riuscito ad arrivare dove voleva.
A quel punto, a seconda di come erano andate le cose, avrebbe potuto raccontare ogni cosa.
Successivamente, magari, avrebbe portato almeno un compagno con sé.
“Ma chi?” si chiese Giovanni, pur intuendo che al momento quella era una domanda del tutto fine a se stessa.
“Comunque, non posso condurre qualcuno in un luogo del quale ho appena iniziato la ricerca. Non so nemmeno se e dove esiste. Ho molto tempo. per decidere se e chi portare con me”.
Qualcuno aveva mormorato di un pericolo: quel mondo era una sorta di prigione dalla quale, una volta entrati, era impossibile fuggire.
L’esploratore in ogni modo non ci credeva.
La riteneva una fola nell’improbabile realtà di quella fiaba, nata chissà come ad opera di chissà chi.
“Del resto, anche se fosse vero, in quella galera con ci sono ancora fi= nito” si disse Giovanni, con la certezza di poter evadere.
Dopo tutto era pur sempre un uomo.
-0-
Il tempo trascorse tanto velocemente che l’esploratore quasi non se ne accorse.
Si ritrovò ad essere un uomo maturo, con moglie e figli in procinto di farlo diventare nonno.
Ancora non era riuscito a trovare quel mondo che sognava fin da gio= vane.
Ma dentro di sé, nel luogo più oscuro delle sue speranze, era certo di essere molto vicino alla mèta.
Alla consorte non aveva mai detto nulla, certo che pure lei non a= ebbe compreso la lunga ricerca di una prateria azzurra sotto un cielo di piume verdi. Però aveva continuato a sognare, notte dopo notte, perse= verando con una tenacia per lui incredibile.
Accadde una sera, al termine di una tranquilla giornata di fine set= tembre.
Il sole stava tramontando, riempiendo di luce oro ed arancio lo studio nel quale Giovanni, seduto dietro alla propria scrivania, lavorava a delle pratiche che si era portate dall’ufficio.
Vedendo quei colori, così belli, si era immerso nella meraviglia del crepuscolo.
Dopo qualche momento era andato a sedersi sulla sua poltrona pre= ferita, davanti alla finestra dalla quale si poteva godere di un panorama stupendo.
Sotto la carezza del sole morente all’esploratore pareva di vedere un mondo di fiaba. Il quale, per chissà quale gioco del fato, o per un ca= priccio di un incomprensibile dio sconosciuto, fosse caduto sulla Terra per farsi ammirare e desiderare.
L’orizzonte, quando l’astro agonizzante scomparve oltre la curva del mondo, divenne celeste, verde e cobalto.
Giovanni, guardando quei colori, si senti sprofondare in una dolcissi= ma sonnolenza.
Lasciatosi andare si ritrovò, improvvisamente, in una prateria azzurra con il cielo di piume verdi.
Si guardò attorno, sorridendo felice.
Prese a camminare in una direzione a caso. Quando si sentì esausto decise di tornare a casa per la cena, determinato a tornare.
“Ma come posso andarmene?” si chiese, aggrottando la fronte.
Stava dormendo, si disse, doveva semplicemente svegliarsi: ma non gli fu possibile. Così rimase imprigionato nel suo sogno, condannato a camminare per l’eternità.
-0-
Nel mondo dal quale proveniva trovarono il suo cadavere, sorriden= te, disteso sulla poltrona.
Di cosa fosse morto nessuno lo capì mai.

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