Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO SECONDO

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO SECONDO

Così o come Parte Prima CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO SECONDO

Il risveglio è a volte imbarazzante per i tanti enigmi nei quali era rimasto imbrigliato durante la sonnolenza.
Mi rendo conto di quanto sia assurda l’ambizione di regalarmi, volontariamente, un’atroce ossessione, eppure, nessun oblio mi tenta.
Il comodo abbandono di una risalita in ascensore si annulla di fronte alla vorticosa bellezza della scala acchiocciolata.
Voglio il mio.
Aspro e bollente.
Che sia il mio.
Gli architetti della vita non hanno predisposto ermetismi sufficienti ad impedire le fughe della mia fantasia.
Resterà negra e ribelle, piuttosto che conformarsi ai candori delle false fattrici di misteri.

Ai comodi abbandoni (2)

Ai comodi abbandoni
di sbalzi
in ascensore,
vorticose bellezze
di scale acchiocciolate.

Voglio la mia.

Dalle false fattrici di misteri
insufficienti compromessi,
o principi
o Caini.

Voglio la mia
aspra e bollente.

Per assurde ambizioni
invento
atroci ossessioni:
orridi
oscuri
oblii.

Voglio la mia
aspra e bollente
negra e ribelle.

I veri architetti della vita
dileggiano
con antichi ermetismi,
o corde
o grotte
o celle.

Voglio la mia
aspra e bollente
negra e ribelle,
che sia la mia.

Imbrigliati da enigmi
di torpori,
risvegli imbarazzanti
osteggiano.

Voglio la mia fantasia
aspra e bollente
negra e ribelle,
che sia la mia,
in fuga solitaria.

Io sono acqua, ovverosia, il risultato di un fatto: ossigeno e idrogeno s’incontrano in una scarica elettrica.
L’uomo, la donna, idem.
A volte mi chiedo come mi comporterei, e quali scelte effettuerei, nella improbabile eventualità che un magnifico marchingegno scientifico biologico elettronico spaziale sfavillante (sfavillante è sì fuorviante ma attinente), sconvolgente e dissacrante, insomma iper moderno globalizzato (l’attrezzo di una estrema concezione della vita, il pomo del nuovo peccato originale, il sogno di ogni folle ricercatore artista autista di viaggi impossibili madre di flotte frignanti magnifici regnanti e scomodi accattoni utili servi e pavidi legionari…), rendesse possibile la retro metempsicosi.
Poter scegliere, prima di dissociare i contorti meccanismi molecolari che mi governano, in quale “X” già vissuto volermi riprodurre per proseguirne le abitudini e sopportarne i difetti. Un cane, una pietra, un uomo?

Ai comodi abbandoni (1)

Ai comodi abbandoni
di sbalzanti ascensori,
vorticose bellezze
di scale acchiocciolate

Voglio la mia.

Per assurde ambizioni
m’invento atroci ossessioni:
orridi
oscuri oblii.

Voglio la mia
aspra e bollente.

Dalle false fattrici di misteri
insufficienti compromessi,
o principi
o Caini.

Voglio la mia
aspra e bollente
negra e ribelle.

I veri architetti della vita
dileggiano
con i loro antichi ermetismi,
o corde o grotte o celle.

Voglio la mia
aspra e bollente
negra e ribelle,
che sia la mia

Imbrigliati da enigmi
di torpori,
risvegli imbarazzanti
osteggiano.

Voglio la mia fantasia
aspra e bollente
negra e ribelle,
che sia la mia,
in fuga solitaria.

Ma non scherziamo!
È già tanto se l’ippocampo non risulta inserito nella lista dei protetti, a guisa (che sciccheria “a guisa”) dei pentiti pluri extra super assassini.
I pipistrelli ci sono riusciti.
Forse con qualche raccomandazione, oppure, com’è documentato nell’archivio storico della mia immaginazione, con larvate minacce di penetrazioni notturne nelle quiete stanze dei rampanti animalisti ambientalisti autonomisti assolutisti accreditati difensori di tutto quanto esiste, fu, esistette, fu stato, è.
Un pipistrello in cambio di cento zanzare sarebbe un affare?
Nelle cities (plurale di city: città!) dagli immensi stadi di benessere malessere ossessi o sessi o calci nelle palle, sollecitati sbirri dondolano chiappe bucate per soldi e per potere.
Si sbaglia chi crede che ogni violenza è vincente, “così o come” un dito nel culo, ma non è per nulla certa la sacrale conquista da parte di ogni desolata pietà.
Ma non scherziamo!
Giulio era un uomo d’onore o di onore?
Ne farò una poesia.

Le guardie notturne

Le guardie notturne
attaccano all’alba
la chiave alla bacheca,
i nostri giornali
il prode ed il bislacco.

Ma non scherziamo!
Attacco all’alba

Gl’ippocampi sguazzano
in ogni polla
al pari di pesci,
i nostri Giulio Generale
tra i baci dei prudenti.

Ma non scherziamo!
Attacco all’alba
con sciami di zanzare.

Ossessi dondolanti
per soldi e fra poteri
bucano chiappe cittadine,
i nostri uccelli neri
ronfanti animalisti.

Ma non scherziamo!
Attacco all’alba
con sciami di zanzare
per la sacrale conquista.

A Roma si scopre il
bianco alla finestra
sbaglia chi crede,
a Cuba
il rosso nella cella.

Ma non scherziamo!
Attacco all’alba
con sciami di zanzare
per la sacrale conquista
della vostra libertà.

 

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Brevi commenti amichevoli

Only you

Only you

Così o come

Parte Prima

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

Così o come

Parte seconda

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

Parte Terza

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO FINALE

Only you 2

Only you 2

La sesta firma

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

CAPITOLO FINALE

Poesia sporca

Poesia sporca

Per Aurora – volume terzo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume terzo di Bruno Mancini

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Per Aurora – volume terzo – Vetrina LULU

Per Aurora volume terzo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID 29y6wr

ISBN 9781471074813


Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-7481-3
Versione 2 | ID 29y6wr
Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
Libro, 135 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm), Standard Bianco e nero, 60# Bianco, Libro a copertina morbida, Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Informazioni sul copyright
Revisiona le informazioni sul copyright
Titolo
PER AURORA volume terzo
Sottotitolo
Alla ricerca di belle storie d’amore
Collaboratori
Bruno Mancini
ISBN
978-1-4710-7481-3
Marchio editoriale
Lulu.com
Edizione
Edizione arricchita
Dichiarazione dettagliata di edizione ( / 255)

Licenza
Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright
Bruno Mancini
Anno del copyright
2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.

“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Per Aurora volume terzo

seconda edizione

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]

 

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Terza CAPITOLO PRIMO

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Terza CAPITOLO PRIMO

Così o come Parte Terza CAPITOLO PRIMO

Parte terza

CAPITOLO PRIMO

Toc toc.
Pausa.
Toc toc toc.
Crcrrrrrrrrr
-«Signor Bruno!»
-«Ciao Petrus, come stai?»
-«Grazie, bene, come un vecchietto.
Entrate presto, fuori è pericoloso.»
-«Pericoloso?»
-«Forse non lo sapete ancora, di là è scoppiata una guerra nucleare.
Potrebbero arrivare delle radiazioni fin quassù.»
-«Non sei per nulla cambiato, mattacchione.»
-«Il signore è Vostro amico?
Sì?
Prego entrate…
…Signor…?»
-«Ignazio di Frigeria e D’Alessandro… grazie.»
-«Aurora c’è?»
-«Certo per Voi, Signor Bruno, c’è sempre.
Vado a chiamarla.
Intanto gradite una birra ghiacciata?
La solita popolare?»
-«Grazie ma non ghiacciata… inizia a darmi problemini… fredda, popolare… anche per Ignazio.
Vero?
E tu non bevi un boccale con noi?»
-«Certo!
Se Vi è gradito, certo.
Vengo subito, accomodatevi, siete a casa Vostra.
Sapete bene quanto
Vi stimi la nostra “Signora”.
Vado e vengo. Subito.»
-«Non correre Petrus, non abbiamo fretta, siamo in anticipo.»
Appena Petrus si allontanò, Ignazio:
-«Siamo?
Perché siamo?
Io, sono convocato.
Io sono.»
L’assegnazione dei personaggi agli interpreti è un’arte che solo l’esperienza insegna.
Il ruolo del burbero, del tirchio, del bello Antonio, della serva, non vengono sempre carpiti con immediatezza da tutti i figuranti.
Si è bravi generici quando si è propensi all’adattabilità.
Chi soffia nel flauto ne cava le note.
Conoscevo il luogo nei dettagli.
La facciata della vecchia villa schiusa dal cancello di ferro battuto, la sala d’attesa con l’angolo bar: divani di pelle nera e pianoforte sulla pedana semi tonda.
La terrazza dalla bella vista sulle cascate sul monte e verso le foreste.
Sapevo bene che nessuno avrebbe osato fermare i miei passi.
Ero in anticipo.
Ero un amico.
Di Aurora.
La “Signora”.
Ansioso irrequieto schizzato nevrotico, mi dimenavo come un leone in gabbia durante lo spettacolo circense della vigilia di Natale.
Ero anche certo che in nessuno si sarebbe mai, neppure lontanamente, insinuato il sospetto che le mie palesi curiosità fossero, in qualche modo, substrato d’indagini negative, oppure, peggio, potessero essere di contrasto alla migliore immagine del perfetto regno diligentemente diretto dalla Donna Guascona, Aurora, la Signora.
Avevo tempo, potevo farlo, mi spinsi oltre il cartello “Uffici, Vietato Entrare”.

-«Vieni con me e taci» così intesi rispondere al silenzio inquietato di Ignazio.
In epoche recenti, il nobile vezzo antico dell’esplorazione, è “scompisciato” in una grande collettiva scientifica analisi di percorsi (variabili, variati, allusivi) tra “supposte supposizioni”.
Per scoprire l’Antartide, il bel sistema mondo visivo attuale ne assegna la ricerca in porzioni, non superiori ad un metro quadrato, a favore di ciascuno dei milioni di prezzolati assistenti degli assistenti dei ricercatori assistiti.
I dominatori dei laboratori vincenti, chiedono ottanta zecchini, per una manciata di polveri medicamentose.
Le puttane di Venezia la davano per meno al Grande Casanova.
Altra razza altra gente.
Non avrei mai immaginato che fosse possibile rendere funzionale un centro operativo come quello presente nei locali delimitati dal cartello “Uffici ecc…”.
Dimensioni enormi.
Assolutamente unico.
Non siate tristi piccoli fiori di loto dagli enormi occhi a mandorla, artefici di tante applicazioni tecnologiche, in quanto il vostro impegno al banco di lavoro non è mai responsabile per gli utilizzi del grammo di silicio che intrappolate ed irreggimentate.
Lì, nei locali “Uffici. Vietato Entrare.”, né granelli di polvere, né minimi corpi estranei avrebbero potuto intrufolarsi più avanti degli innumerevoli sbarramenti chimici nucleari biologici.
Concepiti per rimanere immacolati, gli ambienti si aprirono, accogliendoci, immediatamente dopo che alcuni specifici addetti ebbero provveduto a sterilizzare completamente ogni parte del nostro corpo, seguendo un elaborato procedimento senza dubbio previsto dal protocollo d’accesso.
Lì dentro tutti i cablaggi si visualizzavano mediante raggi laser diversificati per bande cromatiche.
-«Segui me.
Non parlare.
Non toccare.
Non ora.»

“Centro elaborazione dati DNA.”
Entriamo.

Non ho particolare soddisfazione nella stesura di questa sezione della storia, in quanto, la didascalica semplificazione che necessita la comprensione dei cardini ad essa relativi, opprime fantasiosi movimenti letterari che da sempre considero maggiormente piacevoli delle gabbie di coerenze stilistiche che ne limitano l’espressività.
Comunque, Aurora tardava a raggiungerci e noi frattanto consentivamo che zelanti burocrati incappucciassero le nostre teste con l’ultima novità nata nel settore delle trasmissioni audio visive.
Parlo del nobile “Cip-Ciop”, commercializzato successivamente ai vari ex (tam tam telefono telefonino radiografia ecografia radar televisore infrarosso infra tutto) che erano già invecchiati da tempo.
A detta della pubblicità intergalattica: “Cip-Ciop ti fa parlare con chi vuoi e controllare visivamente anche i neutroni.
Cip-Ciop è senza fili e senza antenne.
Il rivoluzionario apparecchio, Cip-Ciop opera mediante un rivoluzionario collegamento neurologico.
Cip-Ciop, se vuoi, non parli e la tua lei ti ascolta.
Oppure se preferisci, tu vedi lei, vedi e lei non lo sa.
Cip-Cip, è in vendita nei migliori negozi spaziali.
Cip-Ciop, apre il tuo futuro”.
La nuova Venere di ambiziose conquiste digitali!
Per la verità, nei locali del regno di Aurora, esso, l’aggeggio, discendente dell’illustre “tam tam”, assolveva un compito particolare: consentire la trasmissione delle informazioni tra gli stagionati impiegati fossilizzati nelle specifiche sezioni, non creando nel contempo spiacevoli turbolenze verso i comunicati provenienti dall’esterno.
Insomma, con “Cip-Ciop”, i pensieri miei si sarebbero trasferiti nel cervello di colui o coloro che avrei selezionato quale ricevente, e soltanto nel loro.
Nessun altro avrebbero potuto in alcun modo intercettarli.
Al solo scopo di non deludere l’aspettativa di aiuto richiestomi in lacrime da Ignazio, feci in modo che i silici dei nostri strumenti stabilissero, unicamente tra noi due, un permanente contatto reciproco.
Lo sviluppo di un bruco in farfalla.
Le sensazioni furono di trovarmi ad Atene nella Placa piuttosto che nell’Acropoli, nella curva sud durante la celebre partita tra Napoli e Verona (sotto lo striscione “Giulietta è una zoccola”), nello sguaiato flusso di scioperanti incazzati, invece che al seguito di un rassicurante crocifisso esposto, durante religiosi festeggiamenti, in occasione dell’anniversario relativo alla resurrezione dell’uomo seminudo che ne aveva patita la sofferenza.
Mi sedetti alla prima postazione vacante nell’arena delle futuribili tecnologie, confuso fra una quasi interminabile schiera di professionisti di ogni razza proiettati in complesse, ed apparentemente astruse analisi, utilizzando visualizzatori in grado di introdurli in dimensioni temporali e spaziali prive di ogni limite.
Seguendo una semplice informazione, digitai un clic che consentiva l’accesso a tutte le possibili informazioni -scientifiche, grafiche, genetiche, storiche, ed altre ancora-, riguardanti la complessa struttura fisica, chimica e biologica, sia della totalità e sia dei particolari riferibili al mio DNA.
-«Eccolo».

Nell’ottocento, per non andare oltre e scomodare così l’archeologia del sociale, quasi nessuno sarebbe stato in grado di riconoscere fisicamente il Grande Capo di un paese limitrofo:
-«Chi sei?»
.«Sono il Re dei Canneti.»
-«Dimostralo.»
E che vuoi dimostrare!
Il Re dei Canneti bisognava si affidasse ad un amico comune, un messaggero di professione, un principotto viaggiatore, una rinomata donna di compagnia notturna, cinquecento fucilieri in divisa giallo – rossa (Romani Papalini), nero – azzurra (Longobardi di Moratti), gialla o verde (Padani per Bossi), celeste cielo (Brigate Maradona).
Nell’ottocento, meno di duecento anni fa, i riconoscimenti si perfezionavano attraverso conoscenze di terzi.
C’è sempre stato un poi a tutto, e il poi di questa gestione dei rapporti personali si andò evolvendo con devastante, collettiva, sistematica, indolore, subdola, lenta classificazione ed appropriazione pubblica di minime peculiarità personali.
I documenti di riconoscimento o le impronte digitali possono agevolmente servire da esempio.
Una minima oggi una minima domani una minima dopodomani, dopo duecento anni io tu lei noi voi essi colui coloro costoro chi altro non so, siamo stati infine schedati ed incatenati con il nostro DNA, non falsificabile, non ripetibile, indiscutibile.
Le foto tessere, i gruppi sanguigni, i riconoscimenti vocali, olfattivi, il neo sulla guancia destra, sono ormai strumenti di controllo relegati nelle bacheche dedicate ai nobili ante – nati.
La nuova agnizione avviene mediante il personalissimo,
affidabilissimo DNA.
Io sono un DNA
Tu sei un altro DNA
Ripeto “Nessun uomo è paragonabile ad una donna.
Non c’è uomo simile ad un altro uomo.
Non esistono due gravidanze uguali.
Nelle belle famiglie campagnole il gatto era gatto.
L’agnello, agnello
Il cavallo, cavallo.”

-«Eccolo. Arriva.»
Sul visore invisibile, le immagini si materializzarono simili ad
ectoplasmi, pura luce in movimento… ma non voglio dilungarmi su queste particolari teorie teorio teoritu teorilui… l’effetto collaterale di un loro rinvio sine die, mi consente di ritornare alla rotella essenziale per liberare dalla clandestinità il ricamo filigranato che ho celato fino a questo momento.
-«Eccolo, arriva, ci siamo».
Insieme ad una catena incomprensibile di simboli numeri sigle spazi vuoti tratti trattini tratteggi tortuose concezioni, insieme alla visione tri quadri dimensionale del mio DNA, una freccetta indicante “Continua” (non lampeggiava né splendeva), riuscì, ugualmente ad incuriosire la mia ormai prossima rassegnazione.
-«Manca poco alle venti.
Manca poco.
Manca.
Però manca».
-«Ecco le birre Signor Bruno e Signor Ignazio.
La nostra Signora Vi chiede di scusarla, poiché il recente conflitto mondiale le sta procurando molto lavoro supplementare.
Accogliere tanti in così breve tempo necessita grande organizzazione e professionalità.
Posso bere con voi?
Un boccale di birra popolare?
Salute.
Hic!»
-«Petrus cosa significano tutti questi bip che sentiamo?»
-«Energie finite, terminate.
Segnali di arrivi: Un bip, una fine.
Hic!
Prego, signor Bruno, spostiamoci nell’angolo bar dove ci sono due vostri amici che mi hanno pregato di potervi incontrare prima del passaggio di là.
Hic!»
Dissi:
-«Manca poco, è tardi.» poi aggiunsi «Chi sono?» e quasi meccanicamente feci clic sulla freccetta, non lampeggiante e non splendente, che indicava “Continua”.
Il clic aprì una finestra di presentazione della logica in ragione della quale era stato messo a punto il programma relativo agli arrivi: “…… l’efficiente tecnologia elaborata ed in seguito trasportata fino a noi da opportunistiche appendici umane, decide arrivi e partenze sulla base di speciali analisi dei campioni di DNA.
Essi vengono diversificati con probabilistici fattori di rischio indicati da generalizzati rapporti statistici (ambientali ereditari assicurativi sociali asociali climatici tellurici professionali), e quindi inseriti in un unico complesso disegno di arrivi e partenze adeguato alle direttive inflazionistiche, finanziarie, multinazionali, politiche, ed ambientali che, comunque rispettoso dei diritti delle minoranze linguistiche e religiose, opera in assoluta indipendenza da gerarchie, titoli nobiliari, accademici, professionali -veri o falsi-, da corruzioni o da inganni.
Così decidendo in maniera indiscriminata ecc. ……”
Per fuggire dal saccente pragmatismo di quelle astruse alchimie, accettai l’invito di Petrus, ritenendo che per me sarebbe stato più piacevole spendermi insieme ad amici, tra birre e canzoni.
-«Andiamo Petrus.
Tu vieni Ignazio?»
-«Se mi è consentito, preferirei rimanere qui, dove mi sento poco coinvolto, asettico.»
-«Puoi.
Andiamo Petrus.»
È bello dopo un lungo periodo di assenza, tornare a casa, a condizione che i luoghi e le persone abbiano conservato almeno una goccia dei sentieri d’acqua che avevano infiammato, prima che partissimo, i nostri sentimenti.
Riprovare a leggere al lume della lampada verde, quasi mia coetanea, dopo violenze di neon internazionali sbattuti oltre i filtri di lenti brunite!
Lo paragono alla vincita di un bonus da utilizzare quale recupero per i giorni gettati in inutili sfide.
Il feudo abbandonato libera proprie energie ed accetta confronti, pur senza pretese di successi.
Non sempre è così.
Tornassi ora, dopo una lunga assenza, le mie Pinete (non erano mie), i miei Canneti (non erano miei), il mio Castello (non era mio), mi procurerebbero solo dolore e delusione.
Seguendo Petrus mi preparavo alla spiacevole eventualità di aprire la porta su una scena differente da quella del mio ricordo.
Con cautela, con la discrezione di chi non intendeva disturbare, mossi, lentamente, la maniglia, e spinsi.
Nulla era diverso.
Nulla.
Quasi si fosse trattato di un’antica scultura.
Il pianoforte, le luci, il lampadario, le piccole anse ricavate sul lato del banco bar, le rustiche grotte dei desideri con al centro la chitarra rossa di Elvis, i trecento quasi invisibili ciondoli tra i rami di una ginestra (ginestra, fiore amato dalla mia donna) che io, anni prima, avevo interpretato come ricordi di melodie assimilate in altri luoghi ed in altri tempi.
La fantasia della fantasia.
Le più belle scelte, messe in ordine dalla più eccentrica stravaganza.
Al centro del soffitto l’antico lampadario a cinquanta bracci, di una mescola ottenuta con sabbia e petrolio, ancora troneggiava, aprendo la porta, riflesso nello stesso specchio, irregolare, ambrato.
Gigantesco padrone assoluto dell’intera parete frontale, continuava a sbalordirmi come la prima volta.
I due amici che mi stavano aspettando, due cari compagni, non si erano accorti del mio ingresso e più innamorati di mai, nella naturalezza del tenero sentimento che li univa, seguitavano a creare atmosfere musicali difficili da dimenticare.
Lui, con l’immancabile ginestra (ginestra, fiore amato dalla mia donna) al bavero, e lei con l’identico ventaglio giapponese che aveva nel giorno del loro ricongiungimento.
Per me, erano stati la mia Anima e il mio Cervello.
Ebbi forte la tentazione di effettuare un balzo ed abbracciarli con un simpatico effetto sorpresa.
Tutto ciò durò solo qualche attimo, poiché all’improvviso, guardando la mia figura nell’immenso specchio, ebbi un sussulto.
Un tremore generalizzato dalla testa ai piedi.
Gli occhi impietriti, le labbra sbiancate, la testa un macigno, il respiro ansimante.
Pareva stessi morendo.
Sentivo un’eccitazione simile a quella che avevo vissuto nel Viet Nam, quando per sopravvivere uccidevo uomini donne bambini animali tutto quanto si muoveva uscendo da un fosso una palude un tronco d’albero.
Ma non ero io, Ignazio aveva combattuto nel Viet Nam!
Mi stava aggredendo l’ansia che anni addietro avevo percepita al tavolo da gioco “Rien ne va plus” in quell’ultimo colpo, o vincente o prodromo del proiettile terminale.
Ma non ero io, Ignazio era stato preda di ogni azzardo!
Ignazio.
E l’eroina schiaffata nella vena?
Lo stupro?
Il maledetto inganno?
Tra me e Ignazio si andavano via via cancellando i confini.
Non avendo mai chiuso tra noi due il collegamento “Cip-Ciop”, ero ancora in grado di vedere ciò che lui guardava e udire i suoi pensieri.
Ignazio, seduto al posto che avevo lasciato vacante nell’arena delle futuribili tecnologie, ripeteva le stesse azioni che erano state compiute da me in precedenza, e in quel preciso momento stava fissando con curiosa attenzione la rappresentazione tridimensionale del suo DNA.
Incredibile!!
Assolutamente incredibile!
È perfettamente identico al mio!
… quindi… forse… devo controllare… subito… subito… di corsa…
-«Non farlo!» gli urlai mentalmente «Non farlo!
Non toccare niente.»
-«Aurora, Aurora aiutami» ripetei più volte con tutta la voce che avevo «Aiutamiiiiiiiii.»
La Donna guascona giunse in un attimo:
-«Come?
In che modo?
Certo.
Che succede?
Sono pronta.»
-«Quanto manca?»
-«Trentacinque minuti.»
-«Cazzo! Devo sbrigarmi. Andiamo nella sala controllo.
Chiama il Capo Burocrate.
Petrus, prego, una birra ghiacciata super popolare.
Uomo dal fiore di ginestra, suona per me «indifferentemente». Signora dalle mani ambrate rinfrescami la nuca con il soffio del tuo ventaglio giapponese a strisce di bambù.
Fatemi sentire i cuori pulsare per amore.
Corriamo, corriamo.
Il tempo è tiranno.»

Anticipando le reazioni di loro tutti:
-«Il nostro DNA è totalmente uguale» urlai con la voce profonda di mio padre.

Io per natura non accetto gratuite caramelle, ma non sopporto neppure che mi svuotano il frigorifero senza consenso.
Il mio cervello matematico aveva suonato la carica…
«AVANTI…» per un soldato solitario contro un potere generale.
Io sono un essere.
Io sono napoletano.
Masaniello era napoletano.
I poteri sono dovunque.
Fece una brutta fine il Masaniello a Napoli, però!
Io sono napoletano.
Il mio cervello matematico e la mia anima poetica, da giovani se le erano date di santa ragione.
Paccari coltellate e sputazzate in faccia.

-«Voglio diventare un fisico nucleare»
-«Desisti, regaleremo emozioni»
-«Che vuoi regalare, non regalo niente»
-«Piccolo provincialotto»
-«Grande illusa»

e via a scaricarsi le peggiori offese.
Tante se ne dissero e tante se ne dettero che non giunsero ad alcun accordo, ed ora mi guadagno da campare facendo il “Lettore di giornali in pubblico”.
Non esiste?
Forse non esisteva.
Esiste, esiste.
Mi sono inventato una libera professione con molta dignità e talento, seguendo un ragionamento diciamo “pragmatico”.
Perché, mi chiedevo, i giornali pagano la pubblicità per se stessi su altre forme di comunicazione ed anche su testate a volte acerrime concorrenti?
Risposta: per farsi leggere.
Perché, mi chiedevo, un quotidiano di tiratura nazionale viene distribuito gratis annesso ad un foglio di cronaca locale?
Per farsi leggere, rispondevo.
Per quale ragione, nel mio paese di origine, il notiziario di pettegolezzi comunali, unito ad uno storico giornale filo monarchico e ad un quotidiano politico nazionale affiliato alle gerarchie di un potente costruttore finanziere editore presidente politicante, perché mi chiedevo, tutti e tre insieme vengono venduti al prezzo di un solo?
Si sa bene che non bada a spese il potente costruttore finanziere editore presidente politicante proprietario del quotidiano politico nazionale, e che neppure sono in cerca di soldi i referenti politici dello storico vessillo monarchico.
Il notiziario locale di pettegolezzi comunali, li regala entrambi ed acquisisce nuovi lettori.
O.K.
Perché?
Risposta: vogliono essere letti…
Ed io mi sono proposto nella specifica mansione di “Lettore di giornali in pubblico”.
Il loro ufficio gestione rapporti col pubblico mi fissa un itinerario, con rotazione mensile, per la cui precisa attuazione i dirigenti addetti alla struttura finanziaria mi pagano viaggi trasferte pernottamenti cene pranzi e colazioni, scarpe nuove ogni mese, venti consumazioni il giorno ai tavoli dei bar più prestigiosi, due concerti a settimana, ventuno pacchetti di sigarette marca… (omissis)… a settimana (poi vi spiego perché), un nuovo accendino ed un orologio ogni cambio di stagione, e, considerato il disagio dei continui trasferimenti, l’Azienda mi concede una femmina a piacere ogni quindici giorni, un mese di ferie l’anno, ed il barbiere quotidiano.
La mia giornata lavorativa di solito inizia alle otto di mattina e termina alle sedici.
Al mattino, nella portineria della locanda albergo pensione residence villaggio in cui ho trascorso la notte, trovo un mucchio di giornali: stessa marca stavo per dire, stessa testata è invece corretto.
Li ripongo in una borsa busta contenitore carpetta, ne lascio fuori uno, mi reco ad una vicina fermata di autobus tram metro funicolare sciovia traghetto e, come se attendessi un particolare mezzo di trasporto, spiego il giornale in bella vista, con la prima pagina ed il titolo in perfetta evidenza, e fingo di leggere con interesse fingendo di aspettare.
-«Perbacco, i C.R.I.C. vogliono le elezioni…»
-«Come? Berlisco ha detto che…»
-«… sono una vera schifezza questi P.R.O.C.».
Coloro che mi sono vicini sbirciano, incamerano, si schierano.
Un attivista di avversa parte politica, nemico dichiarato dei padroni della testata e della sua impostazione socio economica, mi guarda e mi sfida.
Fine della prima tappa, anzi no, perché, ancora fingendo, in questo caso distrazione, lascio il giornale sulla spalla della pensilina, così che altri possano continuare sbadatamente ad appropriarsi delle notizie che mi pagano per far leggere.
Seconda tappa, estraggo dalla borsa un secondo giornale identico al primo, e mi avvio a ripetere la funzione verso il parco pubblico.
Terza sosta, identico cerimoniale ed uguale messa in scena, al bar salotto buono, poi alla mensa ferroviaria, al circolo del ludico paranormale, dei baffoni giganti, dei coglioni in motocicletta.
Alle ore sedici, stop.
Serata libera.
Domani, un nuovo itinerario, forse pomeridiano serale, con sosta a cinema o a teatro.
Domani un nuovo posto per guadagnare i miei trenta denari. Sì, è vero, ho dimenticato di chiarire che anche le sigarette fanno parte del patrimonio di furbizie utilizzate dal dirigente organizzatore, il quale, scegliendone la marca, merita una “cagnotta” (tangente?) (provvigione?) simpaticamente offerta da quell’azienda di tabacco, naturalmente all’insaputa dell’editore per il quale lavora.
Cose che capitano anche in televisione.
A me che importa?
Trenta denari e fingo di fumare (ho smesso da tre anni) perfino la paglia secca degli ex Canneti della mia ex Isola Verde.

Ho costruito questa lunga divagazione, per introdurre il sunto di un ampio e dotto saggio che il mio cervello matematico aveva fatto rimbalzare, con perfetto tempismo, non appena si era reso conto della incoerente identicità del mio DNA con quello di Ignazio.

Lo sfoglio quotidiano di giornali previsto dalla mia ultima relativa professione, tra tante baggianate e scempiaggini bazzecole e pettegolezzi di rado, ma a volte, mi aveva concesso l’opportunità di aggiungere un tassello alla collezione delle teorie preferite.
Un fedele scudiero dei miei pensieri mi aveva fornito una lancia.
Un’idea che avevo attinta dalla quinta pagina dell’organo di stampa nazionale utilizzato per il mio lavoro durante l’ultimo mese di agosto.
Pareva forgiata apposta!
Da quel concetto ero rimasto particolarmente colpito.
Per la sintesi e per il rigido schematismo, amalgamato ad un probabilismo assolutamente incontrollato, che esso avvalorava come imparziale strumento decisionale.
Un dotto estensore di cui non ricordo il nome, l’aveva espresso scrivendo (ed io avevo recepito il testo come la sfacciata seduzione di un tango argentino nello struggente abbandono di ogni illusione):
“…Ogni azione che compie ogni individuo, fisica mentale o di qualunque altro tipo, trasferita nel super elaboratore della natura, riduce, di una determinata percentuale, il carburante attivo (come nei video giochi) a svantaggio dello stato vitale complessivo.
In proporzione, ciò avviene anche per le parti, una o più di una, oppure infinite, che compongono il presente di chiunque (uomini, animali, vegetali, minerali ecc.).
Quindi il cuore, le ossa, no meglio, la sopravvivenza del cuore, delle ossa, insomma di ogni elemento, ad ogni azione che lo vede coinvolto, restituisce una porzione della vis vitale di sua pertinenza, fino al completo esaurimento.”

Due più due fa quattro.
Quattro più quattro fa otto.
Io volevo capire se un’analoga valutazione era alla base della nostra convocazione.
Ad ogni azione una diminuzione di carburante.
Ciò per ogni individuo identificato comparando il suo esclusivo DNA.
Il mio DNA identico a quello di Ignazio.
Perché coincideva l’anno il mese il giorno e l’ora delle nostre convocazioni?
Perché non supporre la… … ….

Sììììì.
Sììììì.
È così.
Sìììì è cosììììì.
-«Aurora. Auroraaaaaa… … aiutami.
Rendi efficienti tutti i sistemi d’informazione, convoca i direttori dei reparti, i responsabili di zona, gli analisti, i tecnici e tutti i grandi burocrati.
FERMA IL TEMPO.
Ne resta poco.
Non può bastarmi.
Blocca i bip.
Fidati.
C’è un grosso sbaglio.»
E lei: -«Una sola volta ho deciso l’interruzione dello sviluppo naturale della evoluzione e, grazie a te, essa risultò provvidenziale.
Ripeterla, potrebbe significare per me l’angoscia di un irrimediabile errore.
È vero, anche i regni più antichi possono finire.
Sappi comunque che la mia decisione di dare credito alla tua sicurezza, ha origine dalla stima che ho per te, più che dal nostro affetto.
FERMATE IL TEMPO.
Per quindici minuti nessuno arrivi e nessuno parta.
Non ci siano bip.
FERMATE IL TEMPO.
Quindi, se non verificherete errori di funzionamento del nostro sistema… allora… allora nominerete un altro responsabile al mio posto.
I milioni d’anni della mia coscienza non accettano di deludere un amico.

A qualunque costo.
FERMATE IL TEMPO.
HO DETTO.»

Meno quindici:

Tornai sulla schermata che al mio arrivo avevo attivato, quasi meccanicamente, facendo clic sulla freccetta (non lampeggiante e non splendente) indicante “Continua”: e potei rileggere il messaggio allo scopo di controllare se ne risultava specificato il collaterale modello di attuazione: “L’efficiente tecnologia trasportata di là da nostre opportunistiche appendici… … ecc. ecc.”
Altro clic, ancora, altro clic e, proprio come avevo letto in quell’articolo nel mese di agosto, sullo schermo fu indicata la struttura operativa del progetto: “Ogni azione che compie ogni individuo, fisica mentale o di qualunque altro tipo, trasferita nel super elaboratore, riduce di una percentuale il carburante attivo (come nei video giochi) per una sua singola forma vitale; per una o più di una, od anche per tutte insieme.
Cioè il cuore, le ossa, no meglio, la sopravvivenza del cuore, delle ossa. Insomma ogni elemento a seguito di ogni azione restituisce una parte della sua vis vitale, fino ad esaurimento ecc.”

Meno dodici:

-«Compariamo Il mio DNA e quello di Ignazio.»
-«Comparazione in atto.
Comparazione eseguita.»
-«Risultato?»
-«Perfettamente identici.»
Aurora si accostò alla mia spalla.

Meno dieci:

-«Confrontiamo, i diagrammi di decremento energetico relativo a tutte le mie funzioni, con gli stessi assegnati ad Ignazio.»
-«Elaborazione in atto.
Diagrammi elaborati.»
-«Risultato?»
-«Le loro funzioni sono assolutamente identiche nello spazio, nel tempo, e nella quantità.»
Aurora, mi respirava nei capelli.

Meno otto:

-«Analizziamo il diario di Aurora.»
-«Impossibile, è segreto.»
Aurora, la Donna Guascona, non permise la mia sconfitta, puntò l’indice contro il Capo Burocrate:
-«Prima, fermando il tempo, ho detto di farlo a qualunque costo.
Eseguite.
Nessun segreto potrà impedirmi di rispettare l’impegno assunto.
Nessuno.
Distruggete il sigillo.
Aprite il mio diario»
Il tesoriere dei segreti, scattò sull’attenti, ed ubbidì impartendo il comando.

Meno sei:

Una voce disse:
-«Diario in rete.
Diario aperto.»

Meno quattro:

-«Aurora, ricordi la volta che venni a presentarti “L’Appuntamento” tra l’uomo dal fiore di ginestra e la donna dalle mani ambrate?
Che giorno era?»

Meno cinque:

-«Cercatelo.
Ditemi la data.»

Meno quattro:

–«Ricerca in corso.
Ricerca ultimata.»
-«Risultato?»
-«Ventiquattro marzo mille novecento novanta due, ore diciotto.
Annotazione: ospite Bruno.»
-«Aurora, vuoi chiedere se c’era anche Ignazio?»
-«Controllate.»

Meno tre:

-«Controllo in corso.
Controllo effettuato.»
-«Risultato?»
-«No, non c’era.»

Meno due:

-«È certo?»
-«Confermato.
Non c’era.»
-«Aurora hai inteso?
Non c’era Ignazio insieme con noi quando accompagnai da te l’uomo dal fiore di ginestra e la donna dalle mani ambrate che sai considero la mia Anima e il mio Cervello.
Giusto?
Chi potrà spiegarmi perché nel diagramma del suo DNA viene scaricato questo incontro?
Ed anche nel mio?
O lui o io!»

Meno uno:

-«In quanti eravamo, Aurora?
Ricorda e decidi, manca un attimo.»
-«STOP. Tutto fermo.
Tutti fermi.
Si faccia avanti il responsabile.
SUBITO!»

Non furono parole, furono imperativi categorici ed io pensai: “Si salvi chi può, è l’ora del giudizio universale”.

Un suono di ciaramelle accompagnò la mia anima deliziosa che ancora prima del verdetto, senza indugio, iniziò a declamare i versi, dedicati un tempo al nostro “Arrivederci”:

Ed oggi ascoltare
venerdì di piazze
domeniche di folle
e il resto,
tutto rifatto
scotto:
segna nuovo equilibrio
per non staccare stampe
da muri di nuovo imbiancati.

Sedersi su un albero,
presso un’onda chiara, scura,
ai piedi del viale del nostro viaggio,
nella poltrona di fronte al fuoco,
su un angolo del letto
a luci ancora spente,
non oltre,
noto:
lasciamo ad altri
tratteggi di scie di lumache
storie di applausi e di avventure
scolpite… per Uno.

Ora se vuoi è l’ora di andare.

Il nostro DNA assolutamente identico aveva richiamato nell’elaboratore, senza distinzione, le mie e le sue azioni!
Ecco la ragione della nostra chiamata simultanea.
Lo stesso fatto era stato assegnato sia a me sia a Lui, quindi, noi due, avevamo subito il carico del logorio non solo nostro proprio, cioè io della mia e lui della sua vita, ma io della mia più la sua e lui della sua più la mia.
Concorrendo quindi, essendo gemelli, ad esaurire entrambi nello stesso momento!
Eccitato e sollevato, non persi di vista Aurora neppure un istante, intanto che lei, la mia Amica immensa, nella riconfermata autorità di una “Signora”, ancora più potente, ordinava di effettuare innumerevoli verifiche, controlli, prove e contro prove.
Fino a quando, accertato l’errore, la vidi giudicare i responsabili, licenziare, degradare, defenestrare.
Infatti, “L’efficiente tecnologia trasportata di là da nostre opportunistiche appendici… … ecc. ecc.” le cui caratteristiche operative mi era capitato di leggere nella schermata, quando quasi meccanicamente avevo attivato il clic sulla freccetta (non lampeggiante e non splendente) indicante “Continua”, affidata alla decrepita fossilizzata burocrazia onnipresente, “così o come” da sempre avviene a seguito di questo innaturale connubio, aveva elaborato, essa l’efficiente tecnica spersonalizzata, decisioni certo indiscriminate, ma purtroppo prive della luce di una intelligente, umana, morale e sofferta, responsabile valutazione.
Basta così.
Gli insensibili mezze maniche avevano combinate “cose dell’altro mondo”.

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Brevi commenti amichevoli

Only you

Only you

Così o come

Parte Prima

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

Così o come

Parte seconda

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

Parte Terza

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO FINALE

Only you 2

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La sesta firma

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

CAPITOLO FINALE

Poesia sporca

Poesia sporca

Per Aurora – volume terzo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume terzo di Bruno Mancini

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Per Aurora – volume terzo – Vetrina LULU

Per Aurora volume terzo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID 29y6wr

ISBN 9781471074813


Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-7481-3
Versione 2 | ID 29y6wr
Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
Libro, 135 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm), Standard Bianco e nero, 60# Bianco, Libro a copertina morbida, Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Informazioni sul copyright
Revisiona le informazioni sul copyright
Titolo
PER AURORA volume terzo
Sottotitolo
Alla ricerca di belle storie d’amore
Collaboratori
Bruno Mancini
ISBN
978-1-4710-7481-3
Marchio editoriale
Lulu.com
Edizione
Edizione arricchita
Dichiarazione dettagliata di edizione ( / 255)

Licenza
Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright
Bruno Mancini
Anno del copyright
2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.

“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Per Aurora volume terzo

seconda edizione

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]

 

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Seconda CAPITOLO SECONDO

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Seconda CAPITOLO SECONDO

Così o come Parte Seconda CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO SECONDO

Non poter descrivere nei dettagli la serie di virulente emozioni che mi procurò il prosieguo dell’incontro con il mio gemello Ignazio, è il prezzo che voglio pagare per non derogare dalla militaresca sottomissione al principio di essenzialità nel quale ho deciso di rinchiudere l‘esposizione di questa storia.
Ero certo “Alle venti sarò da Aurora.
Non un minuto oltre”.
E come potrei esaurire, con locuzioni brevemente tratteggiate, la descrizione del patos -posso dire a mala pena celato-, che lui mi aveva procurato definendo con frasi stringate la precisa e dolorosa ricostruzione dell’intrigata vicenda che aveva determinato la nostra separazione, nel 1943, tra guerra, fame, tradimenti?
Avevo ascoltato un Ignazio finalmente privo di reticenze.
Albeggiava.
Il gallo, i passeri, la fresca brezza che in tempi andati forse spegneva le lampade a petrolio sulle vie, il primo discreto avvicinarsi di un pullman di linea, il rombo soffuso del volo aereo Venezia Napoli, segnalavano con sufficiente precisione lo sviluppo delle ore.
Le quattro e venticinque.
Ero certo “Alle venti sarò da Aurora”.
Se mi sarà concesso, quantunque in un luogo differente e con altra penna, colmerò le tante lacune di questa ricostruzione, cimentandomi in una impresa narrativa che non potrà in quel caso essere ridotta ad un breve racconto.
Se sarà.

In sintesi, il suo racconto iniziò dall’età di cinque anni, nel 1948, quando io vivevo ad Ischia senza luce elettrica e senza acqua corrente.

Ignazio abitava, con la famiglia dalla quale a sua insaputa era stato adottato, in una sfarzosa tenuta spagnola assegnata, in segno di cameratismo, dal “Franco” allora dominante all’amico gerarca fascista che si era rifugiato sotto la sua protezione subito dopo la fuga del re dall’Italia.
Nel 1948 la balia gli svelò una prima parte del segreto:
-«Sei un bimbo adottato.»
Lui non capì e proseguì nella sua infanzia.
O non volle comprendere?
A me quell’anno non dissero niente.
Tutto, così, proseguì uguale a sempre.
Nella solita consuetudine.
Nel 1961, compivamo diciotto anni.
L’invecchiato comandante in esilio convocò il giovane Ignazio nello studio tappezzato da grossi volumi di libri mai letti, ed in quella occasione parato a festa con stendardi sfilacciati di una unica etnia svolazzanti tra tazzine da caffè rigorosamente nere, per comunicargli, adagiando rispettosamente la mano destra sulla banderuola che tra tutte figurava il riconoscimento per il maggiore atto di eroismo bellico, ufficialmente formalmente:
-«Tu hai un fratello gemello.»
La frontiera nazionale del Montecarlo passa attraverso la struttura edilizia d’alcuni alberghi, cosicché ai privilegiati clienti è sufficiente spostarsi di una camera nello stesso ambito residenziale per godere degli effetti giuridici di un altro stato. Simile trasferimento fece Ignazio.
Solo?
Con un fratello?
Io sono, lui è.
E tutto proseguì nella stessa identica ripetitività quotidiana.
A me nel 1961 non dissero nulla e nulla mutò.
Nessun particolare era rimasto inciso nei miei pensieri.
Mi chiesi quanti parenti ed amici avrebbero avuto la facoltà d’aiutarmi provvedendo alla discreta ricostruzione dei segnali che forse io non avevo recepito, oppure che invece, in una ipotesi maggiormente attendibile, nessuno di loro in tanti anni si era mai proposto di far balenare davanti alla mia mente. Neppure sotto una qualsiasi forma allegorica o mediante l’ambigua divinazione di un improbabile oracolo.
La gente che mi era stata vicina, spesso amica, a volte finanche unita da un vincolo d’intimità, e che sapeva, la gente delle mie terre, delle mie case, dei miei rifugi, non aveva, fino ad allora, illuminata un’ombra sufficiente affinché potessi impossessarmi delle vicende essenziali alla comprensione di questa parte della mia storia personale!
Ignazio era stato davvero tutto nella vita: un gran colpo di sfida perenne.
Non mi svelò alcun particolare somatico o caratteriale della sua madre adottiva, neppure durante il sofferto ricordo del segreto che lei gli aveva voluto rivelare, mentre oramai le sfuggiva la vita, dicendogli:
-«Tuo fratello è Bruno Mancini.»
Poco dopo, serenamente, finì.
Sono il fratello, ma per lui non cambiò nulla.
Non ne ero a conoscenza, e per me fu ancora come prima.
Tutto uguale per noi.
Veniamo al dunque.
La sua confessione ebbe termine alle cinque e trentotto.
Era suonata la sveglia dell’inquilino, di professione muratore, che alloggiava nei locali adiacenti alla parete del mio angolo di complicate meditazioni.
Era male tarata, può darsi volontariamente, altrimenti perché avrebbe strimpellato alle cinque e trentotto?
Cinque e trenta va bene.
Cinque e trentotto non va bene.
Non collima.
Non si spiega.
Siamo tutti formalisti.
Lui disse:
-«Sono qui perché mi hanno convocato.
Aiutami.
Voglio il tuo aiuto.»

-«Che incredibile coincidenza!
Quando?»
-«Fra poco, alle venti.»
Quanto tempo occorre per arrostire una catasta di funghi campagnoli d’origine dubbia, e mangiarli tra fette di pane pugliese e litri di birra popolare?
Quanto tempo ci vuole per fare uscire dallo scroto i coglioni distrutti e sbatterli nel ventre della puttanaccia internazionale?
Per salutare gli amici?
Mortificare i nemici?
Stringere al petto la donna amata?
Bere, bere, bere. scrivere, scrivere?
Guardare le stelle?
Troppo.
Neppure intendo dilungarmi intorno alle priorità che tentavano di occupare un posto nelle poche ore disponibili.
In questo contesto potrebbe risultare un elenco penoso, lacrimevole, mentre invece, con una differente atmosfera, sono sicuro di non aver difficoltà a dimostrarne la bellezza emotiva, pur nelle contrastanti armonie.
A titolo di esempio: avrei dovuto provvedere a cambiare l’acqua nella boccia di vetro dei miei amici pesciolini rossi ed aggiungere qualche razione supplementare di scaglie Goldfish Food, non senza irritante dispendio di minuti preziosi, oppure dare precedenza alla chiusura dei rubinetti?
Gas, acqua, luce, finestre, spazzatura, garage.
Ritirare i depositi dai conti bancari postali azionari, oppure effettuare una fuga in taxi per una foto in autoscatto sul ponte del Castello Aragonese, all’ombra dell’ultimo pino, tra le canne del vigneto, sulla cresta del monte Epomeo? Telefonare?
Incontrare?
Lasciare biglietti?
Spiegando, allarmando, creando apprensioni?
Troppe cose, troppe azioni, troppe persone, troppi affetti, fino alle ore venti.
Non un minuto oltre.
Ei, Ignazio, mio gemello, non immaginava il destino comune del nostro prossimo percorso.
“Aiutami” erano state le sue prime parole “Aiutami”, e fu subito pronto, non chiese spiegazioni, nessuna titubanza, allorché vide le mie dita affusolate cingergli il collo, il mio corpo armonioso muovere verso l’uscita, ed udì la mia voce profonda dire:
-«Andiamo.
Non aspettiamo oltre. Ora o le venti, è uguale.
Andiamo.»

Non chiusi la porta, spensi solo la luce.

 

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Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
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Libro stampato: A5 (148 x 210 mm), Standard Bianco e nero, 60# Bianco, Libro a copertina morbida, Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

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PER AURORA volume terzo
Sottotitolo
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Collaboratori
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978-1-4710-7481-3
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Anno del copyright
2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

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“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

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Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Seconda CAPITOLO PRIMO

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Seconda CAPITOLO PRIMO

Così o come Parte Seconda CAPITOLO PRIMO

Parte seconda

CAPITOLO PRIMO

Avevo da poco terminato di scrivere le pagine che avete letto, e mi accingevo ad un primo approccio con il capitolo cinque ancora vuoto quando uno squillo, dallo strano sapore di mandorle o nocciole tostate e zucchero nasprato, fece sobbalzare, non solo il segnale d’avviso del mio videotelefono, non solo i pesciolini rossi nella boccia trasparente casualmente aderente all’appoggio rumoroso e traballante (per loro fu quasi un terre-mare-aria moto secondo la teoria fisica della propagazione delle onde nei liquidi), non solo gli occhiali sul mio naso per il repentino movimento della testa, e la bionda schiuma di birra commerciale versata distrattamente nel bicchiere arrotondato a forma di bocca di vulcano spento, e poi la lunga scia di fogli sparpagliati sovrapposti disordinati in equilibri provvisori ed instabili, e la cenere della sigaretta che stringevo tra i denti per il tiro tiraccio tirone tiretto finale, ma, se volessi dire tutta la verità, dovrei aggiungere particolari perfino sulla rottura sobbalzo sballottamento scatenamento giramento girotondo di… parti basse del mio ventre, mentre, invece, mi voglio limitare ad affermare che quello squillo, la cui provenienza avevo identificato sul minuscolo schermo tecnologico luminoso, creava un potente sbarramento per ogni via di fuga della mia solitudine notturna.
Cercavo di distrarmi, quantunque l’aggeggio continuasse a vibrare, squillare, tormentare i pesciolini rossi, con un forte odore di odissea nello spazio intriso di sfumature all’incenso e vino cotto tanto invadente che, insinuandosi nei lobi auricolari, attraversava incudini e martelli per biforcarsi maleficamente (i miei amici Indiani chiamavano l’uomo bianco lingua biforcuta) tra una papilla gustativa spugnata di birra popolare ed un pigmento olfattivo catramato nicotinizzato bruciacchiato.
Ero stanco, avevo martoriato mortificato martellato per ore lo strumento della mia incapacità, della mia disperazione, del mio sublime aver voluto: il sassofono tenore di marca Orsi ed ancia selezionata in faticosi esperimenti.
Ero suonato, per l’accesso intermittente ininterrotto intenso alla cassetta caverna cassaforte caveau del grosso stipone stipato nell’angolo dietro la porta della cucina: silenzioso bianco latte frigorifero custode delle mie birre popolari.
Ero nel panico per mancanza di appigli appoggi appelli, apriti Sesamo, a chi mi rivolgo, aprimi Sesamo aprimi uno spiraglio speranza abbaglio, per la matita spuntata nell’ultima riga. E lui suonava!
Mi correggo.
Correggo la frase plebea.
E lui suonava, significa che un lui, quindi un individuo di sesso maschile usava uno strumento adatto a produrre piacevoli onde sonore ecc, in vero io volevo dire che lui, il telefono, esso, continuava ad emettere vibrazioni sgradevoli sgradite sgraziate, grazie.
Lui, esso, squillava, e la curiosità, onde scoprirne il motivo, sculettava per sedurre indurre il pigro indolente rotore del mio sistema ad attivare uno sforzo punto X punto Y, tale da movimentare delicatamente l’unghione della mia mano oppure il pistillo della penna, fin sulla mini tastiera del cellulare mignon, in tal modo connettendo, con sua soddisfazione, le due utenze.
Ero spossato spompato sbolinato annacquato svaporato distrutto da “Così o come”, racconto docile ed irrequieto che mi aveva assecondato per sfuggirmi, e mi aveva illuminato per trattarmi come il pennello di un oscilloscopio relegato a registrare le intensità dei terremoti eruzioni vulcaniche maremoti bradisismi onde cosmiche venti solari. L’elettroencefalografo di uno, trenta, quaranta, due emozioni cerebrali.
Ero tutto ciò per la imminente immanente forse immemore non immortale, immateriale fine della mia semplice nutrizione mentale.
Aurora, la Signora, la Donna Guascona, non avrebbe fatto schiaffeggiare il mio silenzio notturno dallo stupido gracchiare di un cellulare se non avesse trovata la cacca nella marmellata, oppure la marmellata nella cacca, che non significano lo stesso quid.
Quanto avrei potuto resistere?
Neppure cinquecento squilli.
Addormentarmi?
Neppure con trenta caffè!
Tanto valeva affrontare l’ignoto, e speriamo bene.
-«Pronto.»
-«Ignazio?»
-«Sì Aurora, sono io.
Ma perché mi chiami Ignazio anche in privato?»
-«È Il tuo nome d’arte.
Ricordi “La Notizia virgola la Condanna punto”?
Tu non mi chiamavi “Signora”, io scelsi per te il nome Ignazio.
Un nome d’arte.»
-«Come stai Aurora?»
-«Così!… Sei solo?»
-«Sempre a questa ora.»
-«Lo so che è tardi, però anch’io non…
… mi sono posto il problema… domani sarebbe inutile…
… Ricordi l’uomo dal fiore di ginestra all’occhiello del bavero?
…Parla sempre di te…»
-«Perché mi hai chiamato?
… Anche per me lui è un punto di riferimento importante «così o come» la sua donna dalle mani ambrate.
… Perché hai chiamato?»
-«Lei, adorabile, se potesse riabbracciarti sarebbe la felicità assoluta.
È Aurora che ti parla, l’amica.
Non ho dimenticato la spontanea disponibilità con la quale ti sei proposto, nel momento per me più delicato, contrastando l’agguato che Snob Rob ed i suoi compari di luride merende avevano tentato nei confronti di me SIGNORA…»
-«Aurora, ho capito, amica, è tardi, se vuoi ne parliamo domani, lo so, amica, sei amica, mia amica e basta.
Aurora, perché hai telefonato?»
-«Così vuoi, così sia.
Sei stato convocato.»
-«Io?
Quando?!»
-«Domani sera alle venti.»
-«Così poco tempo?»
-«È già tanto saperlo.»
-«Allora ci vedremo presto!»
-«Già.
Ho ottenuto che ti sia concesso il privilegio di un accompagnatore ufficiale.
Sarà da te fra poco.»

Tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu.
Fine della telefonata.
Fine della trasmissione.
Fine di cos’altro.
Fine.

Aurora, in virtù dei nostri precedenti ottimi rapporti di complici intese, aveva chiamato per dirmi di aver inviato “Qualcuno” a prelevarmi, con lo scopo affettuoso di non lasciare che effettuassi da solo il difficile viaggio di trasferimento che mi chiedeva di compiere.
Giusto?
Giusto.
Preparare i bagagli o sistemare i bordi sconnessi delle pagine già scritte?
Abbozzare il mancante capitolo cinque, titolandolo: “Bozzetti di famiglia”?
Di quanti Castelli, Pinete, Canneti, Tagliacapelli, Carrozzai Carrozzieri Uomini e Donne, presenti nel mio cuore con bandierine mascherate piuttosto che luminescenti, vorrei scrivere un “senza fine”?
E mia madre, mio padre, le sorelle?
Gilda?
Troppi.
Troppi, fino a domani sera alle venti.
Dei bagagli ne faccio a meno.
Bevo una mega birra super popolare.

Era di certo a breve distanza da me, a pochi metri se non addirittura in una delle stanze attigue.
Se avessi chiesto l’avrei saputo con precisione.
Le mie prime reazioni di stupore incredulità sorpresa “È così o no?”, malinconia sconforto abbandono “Che ci posso fare!”, immobilità fisica mentale sentimentale “Doveva accadere prima o poi”, vennero inghiottite insieme alla bella schiuma gialla della birra popolare e furono soppiantate da brevi fugaci emozioni mai dimenticate: i tesori ed i retaggi degli incontri determinanti per la indiscutibile amicizia tra me e la “Signora”.
La fama della mia amicizia con Aurora, in modo particolare dopo la pubblicazione di “La Notizia virgola la Condanna punto”, unitamente a tutta una serie di pettegolezzi urbani riguardanti il mio sistema di vita imbottito, dicevano, di estrema pigrizia indolenza disattenzione distrazione (io direi, invece, giusto impegno parsimonia e saggio economizzatore di beni importanti quali il tempo e lo spazio), “così o come” accadde per i films di Rochy, avevano posto la mia immagine all’apice del consenso, ma la mia vita privata nell’infernale sfera della popolarità.

-«È lui, è lui!»
-«L’amico di Aurora, venite…»
-«Ignazioooooo…»
-«Una birra popolare al signor Ignazio.
Mi permette una foto?
Sì grazie.
Scatta, fai presto, il signor Ignazio ha fretta.»

Un bestione alto due metri e trentacinque centimetri, tra pollice e mignolo, un giorno mi ha poggiato affettuosamente la mano sulla spalla e per poco non m’inchiodava al suolo come una palina di fermata autobus.
Una bagascia dai giochini veloci – ultra veloci – rapidi – urgenti tariffe maggiorate, mi ha baciato quasi sulla bocca nel supermercato gremito di gente e, forse peggio, ha spalmato sulle mie braccia con le sue ascelle sudaticce un indefinibile odore di capre e di pesci, di fattrici e di stalloni, di sessi e di colonie.
La bimbetta non ancora ragazzina stentava a comprendere gli ordini della mamma, però mi guardava come se fossi stato un vecchio Babbo Natale, intanto che mi tirava i pantaloni mostrando un blocchetto ed una penna per pretendere un autografo.
Sì forse è meglio cambiare programma, dicevo a me stesso durante ogni pausa di lavoro che mi consentivo (già non lo sapete, ma io lavoro, faccio il “A”.
“B” faccio l’assaggiatore di birre.
“C” faccio l’avvocato del diavolo.
“D” faccio l’uomo della provvidenza.
“E” faccio il servo degli istinti.
“F” faccio Ignazio di Frigeria e D’Alessandro.
“G” faccio l’uno e il trino più tre.

Bussano alla porta ……
L’apnea è la scommessa perduta, la spirale avvolgente, il lusso svogliato.
Nei mari dei Caraibi la preda è il pescatore che non utilizza adeguate protezioni.
Soltanto un lusso svogliato lo porta a privarsi di bombole e boccaglio per la pesca dei barracuda.

Il Tirreno era considerato dagli antichi un mare “nostro”.
Noi umani moderni lo abbiamo squamato devitalizzato disinfettato colonizzato, reso una fogna, riciclato in mare “morto”.
Era in esso (avrei preferito scrivere in lui) che spesso sguazzavo, intrepido e naturalista, imbozzimato tra le spire coinvolgenti delle immersioni.
Con maschera e pinne.
Sempre senza bombole.
Nella settima edizione delle mie incursioni tra le gole marine di San Pancrazio, alla ricerca di una mitica tana di cernia che ricordavo ricoperta da alghe e licheni, per non concedermi un respiro, l’apnea avrebbe potuto togliermi la vita prima della risalita.
Più giù.
Più più.
Più tempo.
Più volte.
Più sempre, più tutto, più giovane, più forte, più solo, più assurdo, più io, più meno.
Dietro alla porta chiusa del mio rifugio, che certo non bussava da sola, come braccata dalla muta camaleontica di un sub, la mia apnea, per me ad un tratto trasformato in cernia indifesa, non era altro ormai che scommessa perduta.
Non voglio, non posso, non apro, non sono, la mia perdita di respiro è spirale avvolgente.
La mia apnea si asserviva al lusso svogliato di prolungare un calvario per una determinazione che non era in mio potere modificare.

-«Chi bussa alla porta?
Chi è?»
Accomodati amico, gli dissi, e lui sedette.
Gradisci una birra popolare, gli chiesi, e lui bevve.
Accendiamo una sigaretta?
Fumammo.
Nessun uomo è paragonabile ad una donna.
Non c’è uomo simile ad un altro uomo.
Non esistono due gravidanze uguali.
Nelle belle famiglie campagnole il gatto era gatto.
L’agnello, agnello
Il cavallo, cavallo.
Il maschio adulto era il padrone di casa.
Anche di tutto il suo contenuto.
Matriarche comprese.
Il lutto della diretta è la corsa in avanti senza ripetizione.
Io, mentre scrivo un racconto, posso superare l’ostacolo, recuperando l’omesso.
Lui diceva “me ne fotto”.
Io ci provo. Aggiungendo.
Accomodati amico, gli dissi.
Aveva la faccia pallida di un uomo ormai fantasma.
Gradisci una birra popolare, gli chiesi.
La sua bocca si aprì a fatica quasi fosse incollata da un immenso terrore.
Accendiamo una sigaretta americana turca napoletana?
La prese con la mano tremante del cacciatore di tigri, disarmato, al cospetto della splendida bestia immobile in un agguato traditore.
Non mi spiegavo né l’origine, né la natura, di tali incontrollate manifestazioni esteriori d’emozionalità espresse, per altro, da colui che identificavo come il professionista inviato dalla mia amica Aurora per rendermi meno penoso il passaggio al suo di “Là”.
Sul tavolo sgangherato a seguito dei continui sbilanciamenti del mio corpo scoppiettante di bollicine gialle, la figura sconosciuta aveva poggiato i gomiti per trattenere la testa ciondolante come il pendolo capovolto di un orologio del tardo ottocento.
Triste, oscuro, silente, non osava guardarmi.
La mia preoccupazione non era certo lo stato d’animo nel quale egli si proponeva.
Figuriamoci!
Ciò che Aurora voleva, la “Signora” poteva.
Vestisse pure i panni del melodrammatico sentimentale, affari suoi.
Il comune mister Pinkerton, Donoval, Smith, Rossi, Giallo, Verde, Forza Napoli, mi fissò con lo sguardo di un maniaco sessuale di fronte alla evidente prossima maternità della più bona del paese.
“L’hai fatto” pareva pensasse, “Adesso lo farai di nuovo con me” sembrava volesse imporre.
Schiacciava il suo volto pallido, le sue mani tremanti, le sue labbra asciutte contro la mia, dicono, pigrizia indolenza disattenzione distrazione.
Eppure i suoi tratti somatici appartenevano a qualche ricordo passato che avevo apparentemente rimosso.
Ho dimenticato il nome del cane che ha diviso per venti anni la mia gioventù, ma non mi sfugge, tra la folla di una stazione ferroviaria durante l’ora di punta, il volto di chi ho frequentato anche saltuariamente anni addietro.
È vero, sono fisionomista.
Al chiaro del sole.
Con molta luce.
-«Aiutami» così iniziò: «Aiutami».

Il volo di un calabrone indispone per il ronzare privo di pause ed invita ad una caccia disinvolta.
A me le frasi incomplete nel senso e nella forma invogliano alla fuga ingiustificata.
Erano tre ore che non muovevo un passo, schiacciato con il culo sulla estremità di una sedia, e con le caviglie sul bordo di un’altra ricoperta da un cuscino di gommapiuma sottile come un cartone da imballaggio.
Neppure mi ero alzato per aprirgli la porta, era socchiusa, bastava spingere.
Erano tre ore che non pisciavo le birre popolari stipate a botti nella vescica, erano tre ore che non respiravo un litro d’aria denicotinizzata semi naturale leggermente frizzante per le bollicine provocate dalle onde sbattute sulle scogliere apparecchiate con stupidi blocchi d’indecente calcestruzzo.
Mi alzai, andai nel cesso, aprii la finestra pisciai e l’aria fresca fredda della notte non lasciò dubbi al mio dubbio che forse Mister Ford, Esposito, Mac Carty, Ciun Ciun, Senegal, Pilato, Coglione… fosse una donna… … non cambia nulla… … è tutto uguale.
Non c’è passione solitaria senza un passato di voglie inappagate.
Spesso essa è solo l’ultimo traguardo, il morbido poggiatesta della pennichella pomeridiana.
Ben altro è ingannare, fingere, sbiadire, rotolare in panni di chi non sei, non disdegnando di porre il dito nella ferita e lasciarlo marcire insieme ad essa.
La fuga e la salvezza.
-«Aiutami» così iniziò: «Aiutami» con una voce simile a quella di mio padre.
Profonda.
E disse:
-«Ho letto di te ed ho seguito da molto tempo in silenzio la tua vita avventurosa.
I tuoi libri e gli articoli di giornali che seguivano le tue azioni in difesa di libertà e debolezze.
Ti ho ammirato senza averti mai visto.
“Il bel maschione conquista la star…”, “È lui l’uomo dell’anno…”, “Trenta milioni di copie vendute…”..
Hai una birra per me?»
I complimenti offerti bene sono tuoni a ferragosto.
Attrazioni di energia esplosiva.
Le lusinghe sono petardi che scoppiano in mano devastando pollici ed indici.
Il suo porgermi frasi banali già udite, di semplice contenuto, inutilmente adulatrici, prive di fronzoli non fu sufficiente a distogliere la mia attenzione dalle dita affusolate che gli reggevano il capo ciondolante.
Così le aveva mia madre.
Affusolate.
Più che la birra, andai a prendere una pausa di riflessione.
Avevo necessità di concretizzare quell’incontro.
Dimensionarlo, affidarlo a linearità geometriche.
C’era la luna, e i motorini che passavano rumoreggiando per la fretta e la cattiva manutenzione, m’indicavano l’ora.
Quarto più quarto meno, il bar all’angolo chiudeva alle due, ed allora il personale addetto al turno finale ne usciva passando disordinatamente sotto le mie finestre.
Così da anni in questi mesi.
Considerai che stavo scegliendo di costruire da solo risposte per domande che non ponevo: la talpa.
Nessuno sopravvive alla sua storia.
A me non è mai bastata viverla, ho sempre voluto possederla, controllarla, fino a tentare di anticiparne le costellazioni degli eventi casuali.
L’individuo venuto da lontano, l’uomo d’Aurora mi stava chiedendo aiuto con la voce profonda di mio padre, difendendo la testa tra le mani con le dita affusolate di mia madre.
Dov’era il nesso?
Quale era il significato, se c’era?
Passai accanto allo scaffale dove erano riposti gli album fotografici, ed un fugace pensiero me li fece abbinare a reperti, già fossili, destinati a futuri mercanteggiamenti di archeologia sociale.
Seguivo la traccia di piastrelle, color rosso vinaccia indicante sul pavimento la linea di separazione tra la zona di casa preferita per i miei contorcimenti mentali, e la cucina ospitante file di lunghi colli gonfi di liquido giallastro.
Al buio.
Tutto al buio, anche al buio.
Ho smesso di chiamarla birra.
La bottiglia dal collo alto non imponeva rivincite.
Pumm: Fzzzz.
Come una biglia nel castello dei birilli, avevo creato un effetto
domino, ed una bottiglia piena mi cadde dalle mani spiaccicandosi a terra.
Accade.
Accadde.
L’uomo? La donna?
Ei senza nome, udito il tonfo, si mosse veloce per aiutarmi.
Il secchio la scopa la paletta, «Che m’importa!», dicevo, «Lascia così. », «Ne ho altre.», Ei con voce profonda e dita affusolate -«Faccio in un attimo.» disse, «Non ci vuole molto.» e poi «Perché no».
I suoi erano movimenti scattanti ed eleganti, di una particolare armonia che mi richiamava alla memoria i gesti di mia sorella.
Armonico.
“Così o come” fosse stata mia sorella.
Chi aveva bussato alla mia porta?
Io dissi: -«Perché sei qui?»
Lui pianse.
Pianse come un poeta, ricordando l’infanzia, narrando l’amore, sognando la pace.
Una enorme confusione inzuppò di filamenti disordinati ed instabili il cesto di sparute tracce che avevo creduto di recepire dalla telefonata della mia amica «Signora».
Il traghettatore, Lui o Lei, Ei senza nome, con la voce di mio padre, le mani affusolate di mia madre, il movimento armonico di mia sorella, piuttosto che assecondare i miei desideri, piangeva sul pavimento di piastrelle gialle raccattando i cocci di una inutile bottigliaccia di liquido commerciale, mentre io contavo con ansia le ore i minuti secondi attimi mancanti al momento in cui avrei dovuto presentarmi alla convocazione.
I bulbi oculari mi facevano male, forse per la scarsa luce, forse per il poco sonno, forse per le tante ore trascorse a scrivere, forse per l’età, ma certamente andava ascritta al mio disordine mentale una qualche responsabilità per aver provocato il loro roteare senza punti fissi di riferimento.
Fermò le dita affusolate di mia madre, piegò verso l’alto il corpo armonico di mia sorella, e con la voce profonda di mio padre:
-«Io sono Ignazio.» disse.
-«Ignazio?»
-«Sì Ignazio»
-«E allora?
Con ciò?
Che cazzo significa?
Basta indovinelli.
Parla o vai.
Ignazio, Filippo, Marco Aurelio, Giulio Cesare che me ne fotte del tuo nome!
Parla o vai.
Bevi, fuma e vai di corsa.
Non ho mai tempo per nessuno, figuriamoci oggi.
Non ne ho abbastanza neppure per me!»
«Io sono Ignazio di Frigeria e D’Alessandro.
Tuo fratello gemello.»

Scolorire al buio.
Perdere battiti cardiaci.
Stoppare il respiro.
Chiusi gli occhi e mi chiesi se credere che i sogni si generino prima dei fatti, oppure se persuadermi che ne siano una rappresentazione.
Le fantasie germogliano da oniriche trasgressioni mai metabolizzate, oppure ne costituiscono le origini?
Prima l’uovo o la gallina?
Ignazio di Frigeria e D’Alessandro: il mio passato di sfrontate personificazioni dei mali del mondo.
La droga, la guerra, l’azzardo, lo stupro, si erano, tramite lui (visto da sempre quale compendio d’ogni maleficio), materializzati nella persona del traghettatore piagnucoloso che si dichiarava mio fratello e del quale mi impressionavano alcune caratteristiche fisiche: la voce profonda di mio padre le dita affusolate di mia madre ed il corpo armonioso di mia sorella.
Nel mio passato era stato un sogno, una visione?
A raccogliere i cocci di una bottiglia era la presenza di un incubo, d’una allucinazione?
Allora, quando scrivevo di Ignazio il combattente in Viet Nam, mi sfidava una forza di coesione che non si lasciava cancellare dal tempo e dalla distanza?
Il richiamo di una energia sconosciuta?
Nella situazione che stavo vivendo per il trasferimento che mi accingevo a compiere, ero oppresso dall’ossessione di pretendere una vicinanza familiare?
Ignazio, per me, padre madre sorella?
Mi chinai nell’atto di sollevarlo, ponendo i gomiti fra tronco e braccia, e quando il suo viso, assecondando i movimenti che compivo, giunse ad un palmo dalla mia bocca:
-«Non ho fratelli» sentenziai «Non ho mai avuto gemelli, tu sei il parto della mia fantasia, tu sei mio.
Ignazio di Frigeria e D’Alessandro mi appartiene.
Tu mi appartieni.», attesi l’attimo necessario a che deglutisse l’assoluta determinazione da cui mi sentivo invaso, e stringendo i polsi fra i pugni chiusi ai lati del suo torace, con la calma della follia, «Perché sei qui?» gli chiesi.

Finalmente, sul soffitto, al centro del mio mondo, accesi il faro delle grandi occasioni.

 

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Brevi commenti amichevoli

Only you

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Così o come

Parte Prima

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

Così o come

Parte seconda

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

Parte Terza

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO FINALE

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La sesta firma

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

CAPITOLO FINALE

Poesia sporca

Poesia sporca

Per Aurora – volume terzo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume terzo di Bruno Mancini

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Per Aurora – volume terzo – Vetrina LULU

Per Aurora volume terzo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID 29y6wr

ISBN 9781471074813


Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-7481-3
Versione 2 | ID 29y6wr
Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
Libro, 135 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm), Standard Bianco e nero, 60# Bianco, Libro a copertina morbida, Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Informazioni sul copyright
Revisiona le informazioni sul copyright
Titolo
PER AURORA volume terzo
Sottotitolo
Alla ricerca di belle storie d’amore
Collaboratori
Bruno Mancini
ISBN
978-1-4710-7481-3
Marchio editoriale
Lulu.com
Edizione
Edizione arricchita
Dichiarazione dettagliata di edizione ( / 255)

Licenza
Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright
Bruno Mancini
Anno del copyright
2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.

“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Per Aurora volume terzo

seconda edizione

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]

 

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO SESTO

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO SESTO

Così o come Parte Prima CAPITOLO SESTO

CAPITOLO SESTO

“…
Ti benedica la Musa
mentre
non senza titubanti tenerezze
liberi suoni e silenzi
da
orpelli congeniti
che
trascinano con affanno.
…”.

“Così o come” (la mia nuova libidine esistenziale), non è
ancora terminato, né so se e quando avrò ancora palpiti che m’indurranno ad aggiungere respiri e forme al suo cuore ormai pulsante, direbbe un cardiologo.
Comunque, se vuoi: Lui disse alla Musa

“……
non sia condanna, per le mie idee ansie
che nutro con poche scoregge di vita
liberate dai miasmi generali
cardinali
multinazionali
… ,
la tolleranza.
Che io sia follia,
non folle.”

Per dire che la voglia di consenso non dovrebbe convincere l’autore a togliere la scoreggia dal verso, “Così o come” nessun lettore, quantunque privilegiato, dovrebbe rompergli i coglioni con le “sue” idee, ansie, e tutto il resto. Fin che posso, non allargo le gambe nel ruolo dell’autore, e non le accavallo in quello del lettore.

 

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Brevi commenti amichevoli

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Così o come

Parte Prima

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

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CAPITOLO FINALE

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Poesia sporca

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ID 29y6wr

ISBN 9781471074813


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ISBN 978-1-4710-7481-3
Versione 2 | ID 29y6wr
Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
Libro, 135 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm), Standard Bianco e nero, 60# Bianco, Libro a copertina morbida, Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Informazioni sul copyright
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Titolo
PER AURORA volume terzo
Sottotitolo
Alla ricerca di belle storie d’amore
Collaboratori
Bruno Mancini
ISBN
978-1-4710-7481-3
Marchio editoriale
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Edizione
Edizione arricchita
Dichiarazione dettagliata di edizione ( / 255)

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2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.

“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

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Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO QUINTO

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CAPITOLO SECONDO

Parte Terza

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO FINALE

Only you 2

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La sesta firma

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

CAPITOLO FINALE

Poesia sporca

Poesia sporca

Per Aurora – volume terzo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume terzo di Bruno Mancini

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Per Aurora – volume terzo – Vetrina LULU

Per Aurora volume terzo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID 29y6wr

ISBN 9781471074813


Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-7481-3
Versione 2 | ID 29y6wr
Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
Libro, 135 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm), Standard Bianco e nero, 60# Bianco, Libro a copertina morbida, Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Informazioni sul copyright
Revisiona le informazioni sul copyright
Titolo
PER AURORA volume terzo
Sottotitolo
Alla ricerca di belle storie d’amore
Collaboratori
Bruno Mancini
ISBN
978-1-4710-7481-3
Marchio editoriale
Lulu.com
Edizione
Edizione arricchita
Dichiarazione dettagliata di edizione ( / 255)

Licenza
Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright
Bruno Mancini
Anno del copyright
2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.

“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Per Aurora volume terzo

seconda edizione

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]

 

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO QUARTO

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO QUARTO

Così o come Parte Prima CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUARTO

Sbambagiate anteprime di timpani.
La musica di Gershwin.
Violenta la Musa il suo clarino.
Va tutto bene.
Bacchetta d’Africa infernale.
Semplici dita ruotano sui tasti.
Tu nero tu bianco.
Le note e la bacchetta.

Riflessione in versi su un fantastico concerto diretto da Marshall e trasmesso da Rai tre alle due del 10/06/05.

Ti benedica la Musa

“…
Ti benedica la Musa
mentre
non senza titubanti tenerezze
liberi suoni e silenzi
da
orpelli congeniti
che
trascinano con affanno.
…”.

Passato il tempo delle more, sopraggiunge il periodo dei fichi. Le angurie attendono impazienti.
Ora che ho quasi esaurito il rigido menabò, verde speranza come il colore di una papaia, impostomi per la millesima volta da una irriducibile vecchia vacca razionalità, ora, salve, non sono innocente.
“Ho pensato tutta la notte…” è una frase comune così o come “Ricomincio tutto da capo…”, “Coraggio.”, “Ce la puoi fare…”, “Non chiedermelo…”, “Il primo vagito.”, “Un sospiro!”, “Presente.”, “Pronto.”, “Sì.”, “No.”, “Perché?”, ma si meritano spazi consistenti in una iperbolica classifica anche “Cosa ne pensi?”, “Possiamo provare…”, “Ho preso qualcosa per cena.”, “Ci si può divertire.”, “Cos’è?”, “Come?”, “O.K.”, “D’accordo.”, “Chi è?”.
Lesto, mi preparo al meritato sollazzo di chi ha completato dopo un’ora il budget di un mese, l’oscar mi attende.
Sento una voglia gagliarda di oscurare tutto il mio lavoro riducendolo in un affresco in bianco e nero.
Neppure mi è chiaro cosa significa questa affermazione.
Forse che ogni inciso, parentesi, segno di punteggiatura, avverbio aggettivo preposizione e tutte le balzane forme di interpunzione, contengono virus malefici capaci di aggiungere sfumature ai decorati basamenti dei miei obelischi mentali, adducendoli sotto leviganti cascate normalizzanti?
Non voglio.

 

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Brevi commenti amichevoli

Only you

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Così o come

Parte Prima

CAPITOLO PRIMO

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Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
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2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

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“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
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Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO TERZO

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO TERZO

Così o come Parte Prima CAPITOLO TERZO

CAPITOLO TERZO

C’era una volta ed ora non c’è più, è una espressione di dolore dissimulato, la maniera atavica di considerare una perdita, qualsiasi essa sia stata, al pari di un accadimento ineluttabile, una forza del destino, una scelta divina, a secondo delle diverse dottrine alle quali ci si voglia rapportare.
C’era una volta ed ora non c’è più, è comunque una frase meno sferzante e dolorosa di: c’erano una volta ed ora non ci sono più.
Meno sotto tutti gli aspetti: quantità, certezze, valori.
Non sempre è possibile accertare, per singoli eventi, quanti siano stati coloro che “C’erano!”.
Nel tentativo d’identificare chi o cosa valga l’affetto che gli dedichiamo, e ne sia degno fino al punto da meritare l’inserimento nel nostro personale elenco speciale dei “C’erano!”, dobbiamo ricostruire molte difficili certezze.
Non sono certo che esista, per ogni situazione, uno specifico sistema adatto a farmi assegnare valore alle univoche diversità, nel caso in cui esse rappresentino i tanti o tante che “C’erano!”
“Così o come”: così trama e dubbio (sempre lui), o come da rivolo a torrente, il mio segreto addio saluta le PINETE D’ISCHIA.
C’erano.
Grazie ai miei amici ed ai miei nemici, se mai ne ho avuti degli uni e/o degli altri, le PINETE D’ISCHIA non ci sono più.
Proseguendo nella particolare marcia per l’avvicinamento alla efebica idea del racconto di uno spacco inciso tra le facce, di Ischia e degli ischitani, che ho amato in maniera inconsapevole, mi piombano addosso, scostumati, i canneti a ridosso delle distese sabbiose che merlavano con ricami inconsueti i bordi tra l’isola e il mare.
Era esaltante la solitudine di ascolti, tra venti e risacche, dei fruscii di lucertole verdognole e d’innocue bisce in contrappunti, duetti e contrasti con i battiti delle ali di calabroni simili ad elefanti, o di vespe ed api più veloci degli elicotteri modello da battaglia.
Ero lì.
Io c’ero.
Forse cercando vermi da usare come esche sulle trappole per uccelli, direbbe il diavoletto.
Assaporando la prima dose di una poesia drogante mai più dimenticata, direbbe il santarello.
Partecipando ad una irripetibile esplosione di schioppettante bellezza, direi io.
Così trama e dubbio, come da rivolo a torrente, il mio segreto addio saluta i CANNETI D’ISCHIA.
C’erano.
Grazie ai miei amici ed ai miei nemici, se mai ne ho avuti degli uni e/o degli altri, i CANNETI D’ISCHIA non ci sono più.
Vorrei poter cambiare almeno il corso delle mie giornate per farle iniziare dalla sera e cessare all’ora di pranzo, trasformando in sonno la pennichella pomeridiana, ed in attiva fioritura le faticose ore che le notti attuali concedono alle mie vibrazioni.
Questo racconto semplice come può essere la ricostruzione, mentre sono bendato, bendato, del mio profilo nasale, apparentemente svogliato, privo di fronzoli e inganni né più né meno di Cappuccetto Rosso, ma, in effetti, affaticato dai problemi che torcono i sogni in desideri, che intrecciano passioni ed affetti, ricordi e realtà, il nostro andare in carrozzella ed il tiro del cavallo, questo racconto mi chiamerebbe fazioso sfuggente incompleto se non menzionassi la perla nera di tutti gli abissi che sono stati perforati con malvagità ed abusivismo sulla pelle e nel cuore della mia isola.
L’orca marina uccide per sopravvivere.
Il leone marino di oltre due quintali, caccia con volteggi essenziali.
“Così o come” un rudere, nel tempo delle PINETE e dei CANNETI, il CASTELLO sprigionava il lezzo dei morti ammazzati in tentativi di conquiste e difese, i profumi di spezie cortigiane e principesche, gli odori unici ed irripetibili di mirti o di muschi trasportati da brezze contrastanti tra ceneri vulcaniche e spruzzi d’onde sfacciate, gli effluvi per nulla evanescenti di sterco di muli e cavalli, i vapori solfurei della grotta deposito per polveri da sparo, il fumo della bestia rosolata a fuoco lento nel cortile delle feste.
“Così o come” un simbolo, nel tempo delle PINETE e dei CANNETI, il CASTELLO scopriva senza civetteria il suo interno, ove, rinchiusi racchiusi socchiusi, mitiche alcove, ruderi anonimi, antiche fortezze e nuove prigioni, in alcune notti fungevano da segreto richiamo per giovani coppie in cerca d’ispiranti atmosfere amorose, nei giorni di festa si confacevano a lussureggiante baita per famiglie in gita domenicale con la classica frittatina di maccheroni avvolta in due piatti ed una salvietta, e, non tanto raramente, si prestavano ad accettare il ruolo di solitario rifugio per sperduti intellettuali scappati dai disincanti di schematici palazzi cittadini.
“Così o come” una gioia, nel tempo delle PINETE e dei CANNETI, il CASTELLO offriva la luminosità dei nostri orizzonti naturali sparsa senza ritegno sulle profonde tracce lasciate nella rocca maniero da eventi impetuosi e passionali. Per ora basta così! CASTELLO ARAGONESE IL CASTELLO D’ISCHIA.
Volete un residence, un ascensore, un botteghino, un ristorante, un cannocchiale sul golfo, volete una scia di storia coperta da muraglie di cemento, volete un isolotto bucato come una gruviera, squassato da malte e laterizi, illuminato con i fari ed i laser dei by night, stordito da urli urlacci musica musicaccia, volete una Vostra eredità intangibile trasformata in affare turistico: ecco a Voi IL CASTELLO ARAGONESE D’ISCHIA.
Oggi potete chiamarlo “IL CASTEL LETTO”.
Albergo a “?” stelle.
“Così” trama e dubbio, “come” da rivolo a torrente, il mio segreto addio saluta il:

VECCHIO BALUARDO ARAGONESE, CASTELLO D’ISCHIA.
C’era.
Grazie ai miei amici ed ai miei nemici, se mai ne ho avuti degli uni e/o degli altri, il CASTELLO ARAGONESE D’ISCHIA non c’è più.

 

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-«Sì. Tutto a posto.
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“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
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Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO PRIMO

Per Aurora – volume terzo – Così o come Parte Prima CAPITOLO PRIMO

Così o come Parte Prima CAPITOLO PRIMO

Così o come

un racconto

Parte Prima

Buongiorno.

Mi presento.
Devo farlo poiché in caso contrario neppure io, primo ed ultimo lettore, potrei riconoscere la paternità di questo racconto.

Titolo “Così o come”.

Struttura capitoli
• primo: bozzetti di personaggi ischitani
• secondo: una pagina di prosa diventa poesia
• terzo: bozzetti di paesaggi ischitani
• quarto: una pagina di poesia diventa prosa
• quinto: ?
• sesto: poesie.

Si tratta, infatti, ah già, quasi dimenticavo, sono Bruno Mancini per gli amici Ignazio di Frigeria e D’Alessandro, si tratta, dicevo, di una storia piena di grazie, graziosa, come…

CAPITOLO PRIMO

…… le ascelle pelose della postina calabra lucana piemontese marchigiana durante l’ultima consegna in uno dei tanti pomeriggi asciutti di ferragosto.
Le scarpe di questa donna, sandali plastificati in una cantina del Viet Cong con impresso a fuoco sulla punta un simbolo parigino romano londinese napoletano giapponese brasiliano americano, ai suoi piedi apparivano deformi e più sconnesse delle mille strade prive di ordinaria manutenzione che avevano calcato nelle assolate giornate di agosti stremanti finanche per le cicale ed i grilli.
I bozzi degli alluci, deformati da ogni tipo di trauma, i calli ed i duroni a grappoli ed arcipelaghi, i solchi tra la pelle morta e stratificata sui calcagni, avevano, dopo anni di battaglie, avuto ragione dei tessuti fibrosi utilizzati nei laboratori artigianali dei bravi sudditi asiatici.
Filomena.
In dialetto Failina.
Per la gente del luogo “Failina ‘a pustera!”.
Solo chi non è stato ad Ischia durante la lunga esperienza lavorativa di questa donna non sa di chi parlo, per gli altri, per tutti gli altri, residenti o vacanzieri di pochi giorni, la sua esistenza è stata notata.
Quando incontrava il farmacista, Catello, gli diceva…
Se pioveva e la lettera americana…
Questo mio racconto semplice come Mario l’usuraio…
Questo mio racconto pulito come… ecc. ecc.
In questo paese assolato vive e viveva…
Nasce la storia.
Questo mio racconto è semplice come Sebastiano, il meraviglioso esempio d’accogliente giullare che a cassetta della carrozza (perfetta nella struttura come una Jaguar, addobbata e truccata allo stesso modo della mitica Silvana), lasciando ai passeggeri l’emozione di tenere le redini, descrivendo luoghi a lui solo noti e raccontando aneddoti da nessuno mai verificati, riusciva, quando il musicale rotolamento dei cerchi sferragliava sul selciato in gran parte segnato dalla erosione delle acque piovane, intanto che un volo di passeri disordinato frusciava nell’aria dei meriggi cocenti ed abbaglianti, e mentre i capelli al vento della bella straniera schizzavano di giallo rosso nero biondo castano scuro moro le parti posteriori del cavallo sudato stanco, AOH, OH OH OH, CLOP CLOP, sotto il refolo di una scoreggia puzzolente che anticipava mini serie di botti petiferi vaporizzati sul muso della splendida turista in gita di nozze (o quasi).
Sebastiano, si chiamava Sebastiano, in dialetto Bastiano, per la gente del luogo Bastian ‘o cucchiere, semplice come il mio racconto, riusciva a far ridere e creare poesia.

Altri personaggi candidati: Rosa – Ungare – Bianci – Provitolo …

Se oggi, nel 2005, un tipo si chiamasse Giliberto Giliberto, tutti noi avremmo difficoltà a trattenere il riso.
Giliberto era alto un metro e… solo un metro e un poco. L’individuo più basso che ho incontrato nell’ultimo decennio era almeno di statura pari a quella di Giliberto in piedi sul predellino della sua lambretta.
Il piccolo uomo, alla fine degli anni cinquanta, aveva acquistato un innovativo motociclo che le prime volte guidava con tanto poca perizia da non riuscire a fermare fin che non ne esauriva la benzina.
Nei mesi successivi, in marcia su quel suo cavallo bianco di stagnola acciaio ferroso, il minuto caro fotografo girava in tondo tra via D’Avalos e via Gianturco, via Colonna ed il lungomare, via Roma via Mia e via Vostra, fino a quando, se tutto andava bene, il piede pigiava accidentalmente il punto in cui una leva di ferro fungeva da freno.

Altri personaggi candidati: – Di Manse – Buoni – Polio – Giusta…

-«B u o n g h i o r no, chi Renato artista? Pittore? Fa capelli mio f i g h i o?»
-«Scene Madama, eccomi, tutto per te.
Francesco, acconcia il ragazzo, io penso alla froileine.» –
«Al topo, al topo, ahhh… une top… uhhh…»
-«Franco, quante volte devo dirti di non fare uscire sciù sciù dopo la colazione?
Riponilo in gabbia, vedi, la Signora ha paura.
Ti ho detto mille volte di non lasciarlo libero se ci sono persone sconosciute!
Non lo conoscono, poverine, e credono sia un topo!
Sciù sciù!
Madame non si preoccupi, ora lo risistemiamo nei suoi alloggi.
L’abbiamo cresciuto noi, da piccolo.
Sapesse come era malconcio!
Dai Franco, sbrigati.
Al piccolo i capelli li facciamo con taglio moderno, a spazzola, oppure con basette lunghe alla amburghes?
Franco, Franco… e acchiappalo, sotto la sedia… come sempre il birichino.
Scenda, Madamoselle Froilein, non morde, vuole solo digerire il latte ed i biscotti che ha mangiato nella dispensa, è bravo, sciù sciù, non mord, scende, e scendi Signora, appoggiati, bella Signora, Madame la tedescona.
Così eh, così, con il braccio intorno alla mia spalla, scendi piano piano, piano, piano, lentamente, fammi sentire le braccia sul collo, cazzo che zizzone, FERMATI, sciù sciù è sotto il lavello, Franco sbrigati, spicciati, aspetta non correre, piano, afferralo senza fretta, Madame è bona… azzo se è bona…»
«Ahh… Ahh… eccolo…»
-«Niente paura ora ti prendo in braccio e ti porto al sicuro nel retrobottega, Francooooo, tieni a bada il ragazzo.»

Altri personaggi candidati: – Costui – D’Ambri –Castagno…

Una teoria secondo la quale la Germania avrebbe avuto dei vantaggi se l’Italia non fosse entrata in guerra al suo fianco? Eccola.
Nella autentica versione.
Ebbi personalmente modo di ascoltarla dal suo ideatore, da Questo Uno, al quale non voglio dare un nome.
Costui grande bevitore, nei momenti di euforia, di tanto in tanto andava «esplicitando» la sua teoria, personale inedita rivoluzionaria, delle ragioni per le quali la Germania aveva perso la seconda guerra mondiale.
“Così o come” non si è mai grandi profeti se non s’insozzano di paure e d’illazioni le menti semplici, ugualmente non si penetrano le essenze recondite delle storie se non si galleggia senza pudori su frasi fatte, ipotesi eccellenti, rapporti indiscussi, prospettive calcificate, verità dogmatizzate, fatti… scusate, notizie di fatti mai verificati, eroi, vigliacchi, generali, ritirate, avanzate, strategie, reclusioni, folli indifese, potenza, potenti, potentati, potenzialità.
Inoltre, per ogni rivolgimento di situazione provocato da un cambio di condottiero, non solo bisogna adattarsi ad agitare nuove bandiere vociando! “Arrivano i nostri”, ma spesso si è indotti ad accettare di tesserarsi alla nuova “ideologia”, e finanche, non di rado, occorre dedicarsi a rielaborare nostri “nuovi” particolari paragrafi (particelle pronominali e parcelle personali comprese).
A “Costui” nessuno pensò mai di appiccicare sulla schiena l’etichetta d’opportunista venduto incoerente stupido ignorante.
Inizio:
-«La ragione!
Una sola!»
Tutti i presenti sapevano di doverlo invogliare con frasi tipo:
-«Davvero?»
-«Ma quale?»
-«Incredibile.»
-«Fioooooooo…»
-«Possibile?»
-«Impossibile!»
-«Uhhhh!»
-«È la verità?»
-«Enorme!»
-«Dicci.»
-«Dimmi.»
-«L’avevo sospettato.»
-«Mamma mia!»
-« È uno scoop.»
-«Sei un genio.»
-«Avanti, racconta.»
-«Stupiscici.»
-«Sei unico.»
-«Racconta.»
E Lui Colui Il Grande Bevitore lasciandosi convincere dalle amichevoli lusinghe, sistemò un posacenere nell’angolo destro del tavolo, spostò una bottiglia sull’opposto spigolo sinistro, pose al centro dell’improvvisato ripiano scacchiera, con decisione, il pugno chiuso intorno al bicchiere colmo di birra commerciale dalla schiuma bionda:
-«Le guerre si perdono per troppi nemici, ma anche per alleati inadeguati.
Mettiamo il caso che io voglia penetrare nella villa di un ricco pappone per tentare di privarlo, con un improvviso attacco criminale, del cofanetto nel quale egli custodisca i gioielli -frutto d’estorsioni, ricatti, tangenti, usura, traffici di armi, d’uomini, di farmaci e di segreti-, poi aggiungiamo un’ulteriore ipotesi secondo cui la sfarzosa residenza bunker, oltre che da cinque gorilla umani – di origine italiana indiana indonesiana indiscriminata- provvisti di armi -semi automatiche a tamburo canne mozze dirompenti-, risulti protetta da un circuito -tele audio sensitivo cablato afferente
combinato interagente- collegato con sette satelliti, sette stazioni terrestri, sette ripetitori ausiliari, sette velivoli urbani, sette posti di controllo, sette controlli di ascolto, sette postazioni di visione, sette visoni addestrati nella ricerca di uomini, sette strati di filo spinato elettrificato, sette stadi di verifica termica, sette, sette, sette… sette cani -misti tra dobermann pit bull mastino… bracco (quest’ultimo per identificare gli odori e dare l’allarme)-, precisato che un mio piano perfetto preveda il geniale superamento delle difese opposte dai gorilla ecc.… dalle trappole e dalle tagliole ecc. …, ipotizziamo anche che nella elaborazione del mio progetto sia inserito lo sviluppo di una complessa azione vincente (mutuata dalla strapotente strategia della Partita di Donna così come fu adottata in 33 delle 34 partite del celebre match per il campionato mondiale di scacchi tra Capablanca ed Alechin nel 1927), supponiamo infine che questo stesso intento abbia funzione di fulcro intorno al quale sia stato attivato il gioco perverso di un Uomo Cattivo nel tentativo d’oppressione degli ebrei polacchi austriaci cecoslovacchi ungheresi francesi belgi olandesi… che faccio?
Tento la sortita portandomi come alleato un «gatto» affamato spelacchiato privo di artigli di artiglieri e di artiglieria?
La villa è difesa da cani!
Io vado con un gatto?
I cani ci sbranano.
Così fu.»
-«Va bene, ma non fermarti, continua.»
-«Proprio adesso.»
-«No, no.»
-«Mi deludi.»
-«Cosa racconterò ai miei nipotini, una storia monca?» –
«Ti prego.»
-«Fallo per me.»
-«Fallo per chi vuoi, ma fallo.»
-«Vuoi una birra nazional popolare?»
-«Una birra a Costui!»
-«Una birra ed una sigaretta.»
-«Tutte bionde. Ah, Ah, Ah.»
-«Non ridere, scema.»
-«La curiosità mi scuote le vene.»
-«Tu, poi, figuriamoci…»
-«Che vuoi dire?»
-«Niente.»
-«Bugiardo.»
-«Ma sì, sei tutta scossa.
Sei una scossa, va bene?
E basta così.
Dai, Costui, prosegui.»
-«Ti farò una foto sul leone di bronzo.»

Costui rimase affascinato dall’accostamento che gli veniva proposto in coda a tanta affettuosa insistenza.
Una sua foto, sul monumento simboleggiante la custodia del palazzo reale, quale premio per una teoria storica!
Magnifico!
Chiese conferma:
-«Quando?»
-«Anche adesso.
Quando vuoi.»
-«Bene.
Le belle idee vincenti non sono, all’origine, differenti…».
Costui, con un inizio strascicato e pensante, quasi paladino della necessaria concentrazione che doveva lentamente liberarsi dalle velleitarie sovrapposizioni d’altri futili pensieri e preoccupazioni, più o meno attuali, che durante la breve pausa si erano celati nelle menti dei provvisori ascoltatori, Lui, concesse il bis alla maniera del migliore Ungaretti, con un irripetibile ed unico stile televisivo:
-«…o distanti, nel formulario delle loro composizioni scientifiche filosofiche, da ubbriacanti teoremi destituiti di credibilità.
Io credo…»

Questo fu l’incipit con cui avviò la successiva narrazione spettacolo.
Quindi ne proseguì l’esposizione in un suo personale folcloristico parossistico edonismo.
Vagando tra due birre commerciali bionde fredde indifferenti, e nebulizzandosi fra sigarette bionde fuoco aspirate violentemente attraverso i baffi di colore giallo arancione indaco nero.
Incipriandola con effetti mutuati dalla storia della cinematografia: il polso del protagonista alla fronte (nel gesto dello sconforto per la notizia di una disfatta), il cammina e cammina di Monica nel mitico Deserto Rosso, John Waine alle prese con Jane Russel (pareggio ai punti).
Quando tutto ciò non gli parve sufficiente ad ammattire i docili astanti, utilizzò iconologie riconducibili al bagno nella fontana di Trevi, a Totò, ad Albertone e la pastasciutta.
Fino al punto da osare d’inserirvi anche sporadiche fragili simbologie canore tipo “Voooolareee…”.
Non ricordo di averlo notato proporsi con allegorici riferimenti politici, religiosi.
Li schifava entrambi.
-«… io credo che il vero disastro per il “cattivo” abbia avuto origine nella vanitosa attesa di un applauso.
Chi avrebbe potuto assecondarlo?
Chiaro, un altro “cattivo” meno potente.
Quasi sempre è per questo motivo che il numero Uno consente ad un piccolo inferiore di seguirlo nelle feste, nei festini, nelle orge, ed in quanto altro è prodotto dalla libidine di potenza, lasciando che lui ne apprezzi le molliche.
Devo dire che le briciole non sono uguali per tutte le valutazioni!
Piccole porzioni di pane non hanno evidentemente ugual pregio di minime elargizioni territoriali.
L’impero!
Un impero, anche se inutile, è pur sempre un impero.
Se ci regalano l’Isola d’Ischia in cambio del vilipendio di uno sputo in faccia, ci sembra di aver fatto un ottimo affare? Dipende!
Dipende da chi – come – io – tu – se – ma – quando – dove – e via così.
Nel caso in esame, al Piccolo Inferiore era stato promesso che avrebbe potuto fare quello che voleva: Capo, Presidente, Duce, Super Duce, Super Capo, Extra Presidente.
Va bene, ma non basta, l’Africa non è niente di fronte all’Albania la Grecia Nizza e Savoia.
Vieni con me, caro, – disse il numero Uno – e sarai il faro dell’immenso golfo del Nuovo Mediterraneo, da Nizza a Cipro da Trieste a Gibilterra.
Per te mari e coste e Porti-giane più sensuali e variegate delle tue belle Corti-giane Abissine.
Il diavolo disse al diavoletto.
E il diavoletto che era bravo (alle elementari aveva avuto sei in storia), rispose “Obbedisco”.»

Costui, in fondo, era un uomo gioioso e collerico, sensuale rude e tenero, bislacco e profondo, futile e sottile.
Un brivido per donne di sani tradizionali principi, per maschi timorosi di confronti e per tutte le belle statuine dei presepi viventi allestiti nelle piazze e nelle feste di paese.
Nessuna persona provvista di buon senso avrebbe voluto provocare un confronto con la sua dissacrante, violenta ed anarchica mancanza d’auto ironia:
-«Coloro che bussano alla porta, i bussanti, i bussatori – e così anche il liquido di una bottiglia dal tappo di sughero biondo come la schiuma della mia birra commerciale o come i baffi scoloriti dalle tremila sigarette che fumo in meno di cinquanta giorni – non sempre sono i migliori nel catalogo degli attesi.
Io credo che l’America avrebbe dichiarato guerra al Giappone per l’affronto delle Hawaii, ma non si sarebbe impegnata nello scacchiere europeo se l’Italia non fosse stata in lizza.
Senza la partecipazione del nostro Duce al conflitto, loro, le stelle e strisce, avrebbero comodamente sistemato l’orticello acquatico del vicino Pacifico non creandosi altre preoccupazioni.
Le fabbriche di cannoni ed ogive per proiettili dalle svariate caratteristiche, avrebbero continuato a produrre utili e benessere economico con minime perdite di vite umane, sia in regime di guerra, sia nel successivo tempo di ricostruzione.
Ma “la popolo ed il popolazione” nel continente a stelle e strisce era formato in maggioranza da itali americani.
Non salviamo i nostri cugini zie e nipoti amici fratelli padri nonni madri cumparielli padrini sorelle consanguinei conoscenti?
Il cattivo li opprime.
Noi siamo la libertà.
Loro, gli Italioti, custodi delle nostre radici, delle nostre origini, delle nostre fedi, sono persone a noi care.
I nostri consanguinei sono ingenui, semplici, affettuosi, docili, simpatici, gentili, ospitali.
Sono poveri scemi imbrogliati dal fottuto figlio di puttana. Abbiamo lottato contro le Montagne Rocciose, gli Apache, il Fiume Colorado, Geronimo, ed il Deserto del Nevada, che facciamo, gli spettatori nella corsa alla conquista dell’Italia, l’origine delle nostre origini?
Non sia mai detto!
Andiamo.
WE GO.”
E vennero.
Non piangere, bambino, tua madre fu violentata da truppe marocchine, sì, sotto il comando di…, sì, sì, sì… ma non erano i cugini, neppure le settantamila, settecentomila, sette milioni, sette miliardi di tonnellate di bombe a tonnellate sui vicoli palazzi spiazzi giardini pubblici scuole chiese alberghi prostiboli… et de hoc satis.»

Questo racconto tenta di forzarmi la mano ed impormi continue traiettorie, contigue confinanti collaterali collegate complici comuni compiacenti, che non rientrano nella serafica visione morfologica che inizialmente avevo architettato.
Il breve ritratto di un Costui spolverato dal manuale del tipico esistenzialista pacifista comunisteggiante anarcoide, non prevedeva la messa in scena di un superbioso trattato storico sociale.
Costui quindi tornerà accanto alle altre figure nobili della ormai distrutta civiltà che abbiamo vissuto nella ex Isola Verde.
Tuttavia, per non convalidare la tesi secondo la quale non avrei rispetto per nessuna giusta curiosità, e tanto meno per gli ormai codificati standard letterari, completerò in poche righe la tesi elaborata da Costui.
Il Cattivissimo perse la guerra, poiché aveva commesso l’errore madornale ed irreparabile di pretendere l’alleanza del Semi Cattivo.
Ciò in quanto tutte le operazioni militari del suo Sub alleato si rivelarono tanto velleitarie quanto inutili e dispersive.
La Grecia, l’Albania, la Libia, l’Eritrea, l’Egitto, l’Etiopia, Malta, Cirenaica Trento e Trieste pur non essendo di alcuna valenza nella economia bellica, crearono ostacoli di grossa portata alle armate del Super Io chiamate in soccorso dei bravi soldatini disarmati affamati e male equipaggiati che il Mini Dux aveva gettato allo sbaraglio al grido di “Avanti savoiardi”.
Un giorno sì e l’altro pure, “Egli, il mini” mandava emissari a chiedere aiuti “Il pan ci manca”, e ad implorare “Benzin benzin”.
Per di più generali afflitti dalle vicende di Taranto, Capo Matapam, Tobruc, e poi Grecia, e poi e poi… aggredivano, si fa per dire, il Maine Super con assillante continuità.
Da queste considerazioni Costui traeva la conclusione che il Baffo Tedesco, senza l’intervento raffazzonato e sconclusionato dell’Amico Guaifondaio, potendo utilizzare in maniera non dispersiva forze superiori sui fronti strategicamente determinanti, sarebbe riuscito a sopraffare le difese nemiche.
Egli rafforzava questa sua tesi elaborando il concetto che le Stelle e Strisce erano entrate in guerra contro il Super Deux solo in ragione della presenza dei Nostri concittadini (piccolo interessuccio economico populistico).
Non tutti siamo d’accordo.
Non tutti abbiamo natura di “affermanti”.
Non può non esserci un limite.
È vero che il Super comandava il plotone di esecuzione, ma erano altri a premere i grilletti.
Allora io ancora non sapevo che nello stesso giorno del mio secondo compleanno il Super Iper Max Baffo Maine aveva ammazzato pure se stesso!
Suicida.

Altri personaggi candidati: – Andrea – Ciccio – Aniello…

Volendo comprendere le banalità insite nelle semplificazioni adoperate per ridurre in un breve promemoria una serie di azioni, tra loro simili ma differenti, è sufficiente permeare, spianare, e quindi valutare, quanto viene affermato in uno dei più celebri messaggi popolari.
Affidato a noi ragazzi dai saggi vissuti negli anni delle Pinete d’Ischia, esso proclamava: “Occhio che non vede, cuore che non soffre”.
Andrea era cieco e soffriva, sia a causa delle oggettive privazioni di cui la sua quotidianità risultava costellata, sia per i ricordi di quante meravigliose immagini avevano fermato i suoi sguardi nei tempi passati.
Egli pativa anche, o forse principalmente, in quanto il buio visivo nel quale era immerso da anni aveva dapprima circoscritta, ed infine definitivamente imprigionata, la sua indole di spontanea prorompente ricerca conoscitiva.
In un evidente contrappunto ai limiti fisici caratterizzati dalla deficiente situazione sensoriale, Andrea aveva affinata una capacità mnemonica quasi oltraggiosa a confronto di quella dei vedenti.
Ogni settimana, prevalentemente di venerdì, lo scrutavo mentre era impegnato a scandire una sequenza impressionante di colonne totocalcio alla compagnia di un esiguo gruppo d’amici.
Eseguiva, mentalmente, complicate elaborazioni.
Dettava serie enormi di dati che altrimenti si potevano attenere solo rivolgendosi a ricevitorie speciali dotate d’apposite attrezzature computerizzate.
Robotizzato, era un aggettivo che specificava bene le sue attitudini.
Non solo per lui era elementare lo sviluppo del “sistema” di sette doppie (che si articola in cento ventotto colonne di tredici segni ciascuna), ma con stupefacente naturalezza, bevendo un cappuccino e fumando un pacchetto d’Edelweiss, riusciva a dettare la serie completa di colonne di tutti gli altri sistemi, integrali o ridotti, per i quali gli si chiedeva collaborazione: quattro triple, tre triple e tre doppie, cinque triple e tre doppie ecc.
Non dico che ritenevo impossibile memorizzarne le formule, ma che mi colpiva la sua abilità di specificarne le risultanti colonne senza potersi servire d’alcun aiuto. Insomma sono tuttora convinto che è certamente un risultato di grande concentrazione riuscire, senza neppure un foglio di carta ed una penna, ad elaborare quegli insiemi composti da tante numerose variabili.

 

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Brevi commenti amichevoli

Only you

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Così o come

Parte Prima

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

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CAPITOLO PRIMO

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CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO FINALE

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Per Aurora – volume terzo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume terzo di Bruno Mancini

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Per Aurora volume terzo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID 29y6wr

ISBN 9781471074813


Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-7481-3
Versione 2 | ID 29y6wr
Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
Libro, 135 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm), Standard Bianco e nero, 60# Bianco, Libro a copertina morbida, Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Informazioni sul copyright
Revisiona le informazioni sul copyright
Titolo
PER AURORA volume terzo
Sottotitolo
Alla ricerca di belle storie d’amore
Collaboratori
Bruno Mancini
ISBN
978-1-4710-7481-3
Marchio editoriale
Lulu.com
Edizione
Edizione arricchita
Dichiarazione dettagliata di edizione ( / 255)

Licenza
Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright
Bruno Mancini
Anno del copyright
2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.

“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Per Aurora volume terzo

seconda edizione

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]

 

Per Aurora – volume terzo – Only you

Per Aurora – volume terzo – Only you

Only you

Only you

Sbarcato nella melma appiccicosa
– chiara di sotto negra di sopra-,
il rude tocco del mio felino uccello
-gelido capo
ardente impulso -,
sbatacchia testicoli sui bordi ancora gonfi
degli altrui piaceri.

Sbalzando da scanni e mausolei
– bari di scienze cavalieri neri -,
confuse fra dilemmi
– teorica arte
concreto sesso -,
le sfere strofinano peletti sull’indecente reticolo
di fraudolente ossessioni.

Sbattuti nella parola merda
– gli occhi i fiati -,
ancora più lontana dai miei sogni
– paure adulte
certezze affumicate -,
sboccata sarà la mia poesia del cazzo:
“Only you only you”.

Sfatate oniriche memorie
-l’autunno è pronto tra buriane d’agosto -,
strusciando sul petalo il pistillo
– mai più
mai prima -,
sparuti segni decorerò sul tuo profilo
con lacche di gerani selvatici.

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Only you

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Per Aurora volume terzo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID 29y6wr

ISBN 9781471074813


Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-7481-3
Versione 2 | ID 29y6wr
Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
Libro, 135 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm), Standard Bianco e nero, 60# Bianco, Libro a copertina morbida, Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

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Titolo
PER AURORA volume terzo
Sottotitolo
Alla ricerca di belle storie d’amore
Collaboratori
Bruno Mancini
ISBN
978-1-4710-7481-3
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Edizione arricchita
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Bruno Mancini
Anno del copyright
2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.

“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

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Per Aurora
volume terzo

Agosto 2022
Associazione culturale
“Da Ischia L’Arte – DILA”
Bruno Mancini

Edizioni

DILA

Per Aurora volume secondo
BRUNO MANCINI
Dello stesso autore nel catalogo DILA
Poesie
Promo uno
Davanti al tempo
Agli angoli degli occhi
Segni
La Sagra del peccato
Incarto caramelle di uva passita
Dedicate e Preferite
Non rubate la mia vita
Io fui mortale
Sasquatch
Non sono un principe
La mia vita mai vissuta
Erotismo, sì!
Tutte le poesie
Prose
“Come i cinesi”:
L’estate con la parrucca
Il Libro di Sonia
Ambiguità
Il Nodo.
“Per Aurora”:
L’Appuntamento
Vasco e Medea
Anche questa volta
La Notizia virgola – La Condanna punto
Così o come
La sesta firma
Il furto della foto
La menopausa di mia sorella
Così fu
Per Aurora – Tutti i racconti

Questo volume contiene:

Only you

Così o come

Only you 2

La sesta firma

Poesia sporca

Seconda edizione, produzione limitata.
Ischia, Agosto 2022.

A Rosalba

Ed io ti parlerò
di cani e di animali
delle mie pallide albe di sconfitte
di ore mai vissute
di stelle.

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“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

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ISBN 9781471074813


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Modificato: 27 ago 2022
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Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
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“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

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seconda edizione

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Per Aurora – volume terzo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume terzo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Brevi commenti amichevoli

Only you

Only you

Così o come

Parte Prima

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

Così o come

Parte seconda

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

Parte Terza

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO FINALE

Only you 2

Only you 2

La sesta firma

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

CAPITOLO FINALE

Poesia sporca

Poesia sporca

Per Aurora – volume terzo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume terzo di Bruno Mancini

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Per Aurora – volume terzo – Vetrina LULU

Per Aurora volume terzo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID 29y6wr

ISBN 9781471074813


Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-7481-3
Versione 2 | ID 29y6wr
Creato: 26 ago 2022
Modificato: 27 ago 2022
Libro, 135 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm), Standard Bianco e nero, 60# Bianco, Libro a copertina morbida, Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Informazioni sul copyright
Revisiona le informazioni sul copyright
Titolo
PER AURORA volume terzo
Sottotitolo
Alla ricerca di belle storie d’amore
Collaboratori
Bruno Mancini
ISBN
978-1-4710-7481-3
Marchio editoriale
Lulu.com
Edizione
Edizione arricchita
Dichiarazione dettagliata di edizione ( / 255)

Licenza
Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright
Bruno Mancini
Anno del copyright
2022


Descrizione
Alla telefonata di Gilda seguì lo sferragliante rumore del chiavistello divenuto rugginoso per essere rimasto a lungo inutilizzato.
Geltrude, entrando con la cautela e la discrezione di chi non deve disturbare:
-«Dotto’ già sveglio?
Come mai?
State bene?»
-«Sì. Tutto a posto.
Tu sei mai stata sola?»
-«Dotto’ per stare soli, bisogna essere soli.
Io non sono mai stata niente, figuriamoci se mi potevo permettere il lusso di essere sola.
Stare sola?
La solitudine!
Voi ve la potete permettere.
Io no.»

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.

“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.”
“… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Per Aurora volume terzo

seconda edizione

Info: Bruno Mancini
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Per Aurora – volume secondo – La Condanna capitolo 2

Per Aurora – volume secondo – La Condanna capitolo 2

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora
volume secondo

Capitolo 2

Edoardo: -«Sebbene già ci conosciamo, tuttavia, prima di iniziare la lettura del capitolo quattordicesimo (rinviando ad altra occasione i capitoli intermedi come deciso dal nostro autore), la presentazione degli attori può essere un simpatico accorgimento utile a rompere il ghiaccio ed a ricaricare di entusiasmo le insicurezze che da sempre sono nostre compagne.
La voce femminile, riferita nei dialoghi ad Adele, nascerà dal pathos della nostra cara Edith.»
Edith: -«Grazie, grazie, Signora, il suo applauso è il battito di un’anima poetica.
Grazie.»
Edoardo: -«Le frasi del personaggio maschile, Marco,
saranno lette dall’uomo incappucciato, Tom.»
Tom: -«Thank you.»
Edoardo: -«Il mio contributo continuerà a consistere nel
dare voce all’io narrante e… inoltre sarà attivato un
aggeggio meccanico di registrazione per impersonare colui
il quale è forse il simbolo più malvagio di tutta la storia,
ovvero Snob Rob!
Spero che il grande De Filippo mi perdonerà di avere, indegnamente, il nome quasi uguale al suo!»

 

Dedica – Brevi commenti amichevoli

La Notizia virgola – La Condanna punto

LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

LA CONDANNA

Capitolo 1

Capitolo 2

LA NOTIZIA

Capitolo quattordicesimo

Capitolo quindicesimo

Capitolo sedicesimo

Capitolo diciassettesimo

Capitolo diciottesimo

Capitolo diciannovesimo

LA CONDANNA

Capitolo 3

LA NOTIZIA

Capitolo ventesimo

Capitolo ventunesimo

LA CONDANNA

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

LA NOTIZIA

Capitolo ventiduesimo

Capitolo ventitreesimo

LA CONDANNA

Capitolo 7

LA  NOTIZIA

Capitolo finale

Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

Anche questa volta

Trama

Il Paradiso non esiste

Sembri

Sembri

Per Aurora – volume secondo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

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Per Aurora – volume secondo – Vetrina LULU

Per Aurora volume secondo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID wdnrww

ISBN 978-1-4710-7753-1


Dettagli
Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
Copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Collaboratori Di (autore): Bruno Mancini

Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
Marchio editoriale/Casa editrice Lulu.com
Licenza di copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Categoria principale BISAC
POETRY / Subjects & Themes / Love & Erotica
Categoria BISAC 2
FAMILY & RELATIONSHIPS / Love & Romance

Info: Bruno Mancini
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Per Aurora – volume secondo – Sembri

Per Aurora – volume secondo – Sembri

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Sembri

Oggi.
Oggi dai trespoli selvagge cocorite
oggi da Chio sovrana tralci di vitigni
oggi etiopi zefiri ambrati
giallo deserto
di sabbie egiziache
oggi sui prati delle tue lusinghe
affascinanti .

Così o come
nel fertile appanno
la goccia sul vetro.
—°°°—°°°—
Domani.
Domani ti pongo addosso trina d’Alsazia
domani raggiante ritorno d’incenso e di eucalipto
domani che dipana i nostri intrighi
le foto con sorrisi
le lettere d’amore
domani incise negli angoli dei mondi
dal picco della mia follia.

Discesa o risalita
con docile affanno
la mano alla roccia.
—°°°—°°°—
Oggi o domani.
Oggi o domani forse ingorde speranze
sonnamboliche ipnosi
nella veglia incredula
della nostra vita.
Atlante affaticato
io
resto piolo.
Calliope appartata
tu
sembri una sposa.

Dedica – Brevi commenti amichevoli

La Notizia virgola – La Condanna punto

LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

LA CONDANNA

Capitolo 1

Capitolo 2

LA NOTIZIA

Capitolo quattordicesimo

Capitolo quindicesimo

Capitolo sedicesimo

Capitolo diciassettesimo

Capitolo diciottesimo

Capitolo diciannovesimo

LA CONDANNA

Capitolo 3

LA NOTIZIA

Capitolo ventesimo

Capitolo ventunesimo

LA CONDANNA

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

LA NOTIZIA

Capitolo ventiduesimo

Capitolo ventitreesimo

LA CONDANNA

Capitolo 7

LA NOTIZIA

Capitolo finale

Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

Anche questa volta

Il Paradiso non esiste

Trama

Sembri

Sembri

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Per Aurora volume secondo di Bruno Mancini

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ISBN 978-1-4710-7753-1


Dettagli
Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
Copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Collaboratori Di (autore): Bruno Mancini

Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
Marchio editoriale/Casa editrice Lulu.com
Licenza di copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Categoria principale BISAC
POETRY / Subjects & Themes / Love & Erotica
Categoria BISAC 2
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Per Aurora – volume secondo – Anche questa volta: Il Paradiso non esiste

Per Aurora – volume secondo – Anche questa volta: Il Paradiso non esiste

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Anche questa volta

Il Paradiso non esiste

Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa

Nella mia testa ballava tutto, anche i leoni, e si dibattevano cambiando colore ogni volta che alzavano la coda.
Ma più che altro la mia faccia si pastellizzava, si avvampava, sorrideva, sorrideva, rideva, rideva, ghignava, ghignava, verso i leoni, indifferenti, disincantati, volteggianti come farfalle, “Farfalla ti voglio, farfalla con me”…
… rieccoli, l’Anima e il Cervello.
Punto.
Punto per una frase non conclusa.
Eppure è stato talmente semplice esorcizzare…
Frase incompleta.
Senza punto.
Con molti punti.
Volutamente incompleta.

—°°°—°°°—

Cosa potevo aspettarmi da quelle due carogne, se non uno sconquasso di equilibri instabili, dopo che avevano dovuto partecipare allo stupido lacrimevole “esercizio di stile”?
Non era arduo supporre che non mi avrebbero perdonato, e non lo fecero, una caduta tanto plateale nella commercializzazione schiumosa avviluppante sirena.
Anche se, per la verità, il germe che mi aveva contagiato non era assolutamente simile all’assunto del capo di accusa.
L’avevo fatto per scherzo.
Balle!
L’avevo fatto per sfida.
Verso chi?
L’avevo fatto per amore.
Sì… l’amore!
L’avevo fatto per
Frase incompleta.
Senza punto.
Senza punti.
Volutamente incompleta.

Stamattina dopo la sbornia alla finestra, tra petardi Maradona e razzi Bin Laden, ho rovinato il cappello, caduto in una pozza di acqua piscia e polvere da sparo.
Che c’entra?
Niente. Ma è successo.
E a noi?
… voi?
Sì, a noi.
E chi siete?
Come, non ci riconosci?
Non vi conosco.
Vedrai. Vedrai.
Vedrete. Vedrete.
Dialogo infinito, finito volutamente.
Sto scrivendo con un’altra penna ed è quasi anche essa esaurita.
Faccio esaurire le penne.

Le penne ti fanno esaurire.
Che ne sai tu dei miei rapporti con le penne?
E tu dei miei rapporti con i tuoi rapporti?
Saprò bene con chi mi rapporto!
Credi?
Sì, sono sicuro, no non contarci, vieni avanti presentati, stai al tuo posto se vuoi capire, capire cosa, non puoi capire facendo domande…
… perché, di nuovo…
… insisti…
Dialogo senza fine, senza punto, senza punti, senza senso, senza protagonisti, senza tempo, senza autore.
Contro di me, perché in «Anche questa volta» mi sono abbandonato alla lusinga di creare una storia, se dicessi comprensibile non espliciterei in toto il programma, se dicessi misteriosa parlerei di un mio miraggio (questa penna fa schifo), permettendo che essa in primo piano surclassasse, annullandoli, sia la libera determinazione di creare, sia il deciso coraggio di tentare.
L’Anima e il Cervello.
Sempre loro.
Questa penna fa proprio schifo.
Finisce che metterò dell’inchiostro nella vecchia stilografica.
Fa più che schifo.
Indispone.
È una penna senza sentimento, dura, oltraggiosa per le virgole, ed i punti, miseri, da sempre poco evidenti, nascosti, serrati tra lettere e maiuscole e parentesi ed a capo; capodanno, il prossimo capodanno non voglio penne tra i piedi per almeno tre giorni.
PUNTO. PUNTO VOLUTO. PUNTO E BASTA.

Un’altro capodanno con l’apostrofo come era scritto sulla porta di quella bottega, di Forcella o dell’India non ricordo, per attirate l’attenzione dei passanti, che ridevano in tanti, si fermavano a volte, ed in molti compravano.
I leoni sono inquieti, sono stati traghettati su un barcone residuato bellico della seconda guerra mondiale, allora usato per lo sbarco in Normandia in Sicilia a Salerno ad Anzio in India in Cecoslovacchia, esagerato in Cecoslovacchia non è possibile, in Norvegia?, la maledetta penna mi interrompe i collegamenti, coiti interrotti, mortificanti spinte vuote che non lasciano segni, vado a mettere inchiostro al regalo di Natale, capodanno è passato, anno nuovo, penna vecchia

FRASE SOSPESA SENZA PUNTO SENZA PUNTEGGIATURA DA RIPRENDERE DOPO LA RICARICA DI INCHIOSTRO. PUNTO.

Eppure era qui, io proprio l’ho portata in questo cassetto, non volevo più utilizzarla, per rispetto.
Aveva fatto bene il suo lavoro, anche se breve, conciso, essenziale.
C’è l’orologio, il coltello, il portachiavi, l’altro portachiavi di legno, l’altro portachiavi senza chiavi, l’altro di legno senza chiavi e rotto, l’altro…
… c’è il bracciale di cuoio, i fermagli, c’è i fermagli (come un altro con l’apostrofo), ci sono il bracciale ed i fermagli che c’erano, il portafoglio pieno di carte inutili indirizzi scontrino fogli sfogliati, che c’erano come il mio album di minifotografie mie tue sue nostre vostre loro di essi di coloro di paesaggi, paesaggie (idem un’altro con l’apostrofo), paesaggioni, la notte dell’ultimo dell’anno solo alla finestra tra la grappa e lo spumante, il cane e l’uccello in gabbia, tanti leoni nella testa ed una penna stilografica regalo di Natale che mi aveva lasciato con un racconto incompleto.
Qui l’ho messa, gettata, per rabbia tra inutilità storiche, tra acini della mia vita a farsi compagnia silenziosi chiusi in un cassetto piramide olocausto sarcofago memoria melodia impolverata polverosa mia
Non so se l’ho già detto, ma i leoni non mangiano e non bevono quando… sì l’ho già detto e lo ripeto.
La femmina alza la coda.
Il maschio accetta.
La penna dov’è, vigliacca, non solo mi ha lasciato con la frase sospesa ma si nasconde già la prima volta che la cerco.
??
Aveva trovato.
La trovai poggiata sulla copertina ecc.
in una macchia d’inchiostro, che forse non mi ero accorto fosse rimasto nella cartuccia quando l’avevo depositata, oppure era uscito a seguito del gesto violento col quale l’avevo gettata nel cassetto.
L’ho rimossa, ho aperta la carpetta e l’unica frase che si poteva capire di “Anche questa volta” era…
Se dopo aver letto dirai: «Ma tu sei uno stronzo!», giuro non mi offendo.
Perché invece di proseguire non provi a leggere daccapo ancora una volta?
Quando la stringevo fra le dita in un rapporto fisico non certo innaturale tra uno scrittore ed una penna, ma poi me la ponevo tra le labbra in un gesto di bambino, umettandola di saliva a contatto con la lingua, le toglievo e ritoglievo il cappuccio in un movimento nervoso di giovane fremente, l’abbandonavo distrutta sulla scrivania sul divano sulla sedia anche per terra nel letto nella camera da bagno sul balcone sotto il sole nella notte tra il vento di finestre spalancate luci soffuse botti di natali e suoni di ciaramelle.
Come un amante.
L’ultima frase “l’au…” era rimasta incompleta poiché la penna aveva preferito fingersi esaurita piuttosto che svelare la sua segreta passione.
Voleva essere solo mia fino alla fine ….
Bussano alla porta.
Apro.
Un fattorino in livrea rossa porgendomi una penna:
«Firmi qui per ricevuta.
È un computer, regalo per lei da parte di….»
«Oh no»
Frase incompleta senza punto senza niente per auto censura. Solo un urlo di dolore, per la porta sbattuta sul muso dell’incolpevole corriere.

aveva trovato in una carpetta gialla posta in un contenitore senza intestazione, il manoscritto “Anche questa volta”, forse più suo che mio, il suo manoscritto, quel racconto esercizio di stile, disordinato, di improba lettura per le frasi frammezzate da abrasioni e correzioni per i rimandi e gli incroci di revisioni in colori differenti, che fungeva da specchio seducente per la sua natura di origine patriarcale.
Neanche questa penna funziona come vorrei.
Aveva trovato il suo racconto, la sua storia, “Anche questa volta”, l’esercizio di stile, o come altro vorremo chiamarlo, il manoscritto, il suo manoscritto, la sua prima ed unica esperienza nel mondo intrigante carogna equivoco fantastico subdolo dissolvente dell’arte, del tentativo artistico, della poesia, della ricerca poetica, della bellezza della solitudine dissoluta, della sconfitta indelebile, della violenza sfrenata, dei leoni, dell’insonnia, dei passi deliranti tra una finestra ed una poltrona un cesso bianco ed un foglio di carta bianco, giallo, di giornale di plastica patinata riciclata come le mani premute sul viso intorno agli occhi il corpo in bilico sul balcone
La mia sofferenza non vale una penna aveva trovato dell’uomo finalmente inutile per se stesso. Il suo manoscritto.
Riuscirò a possedere la penna della mia vita?
Aveva trovato
Lo baciava teneramente coprendo con labbra di rosso indelebile i brani, eretici, dissoluti, morbosi, che richiamavano la loro intimità;
la bocca, tra un sospiro ed uno strappo, mordeva;
lacerava, ferro su carta considerazioni ammiccanti futili offensive, sottolineava, sbarrava, incorniciava, cassava, riscriveva, evidenziava, circondava, adornava, sovrapponeva, punteggiava, e poi disegnava alberi, cuori, strade, stelle, arcobaleni, mari tempestosi, fiori, mani, battelli, ponti, visi, viso, bocche, bocca, occhi, occhi, accarezzava, gingillava,
Cercherò per tutto il mondo la mia penna.
aveva trovato
piangeva teneramente e macchiava i fogli del mio manoscritto,
del suo,
per lei suo,
suo,
rendendolo definitivamente incomprensibile.
Come una amante.
Frase con punto, senza due punti, decifrabile.
Chi «Aveva trovato»?
Era di nuovo la penna finita nella prima parte?
Chi “Aveva trovato”?
Chi era?
Era un fan un tifoso un innamorato deluso respinto abbandonato un collezionista un figlio della colpa un parente delle virgole, un amico di paese lontano dracula era la coscienza di Zeno l’Anima, il venditore di penne il produttore il postino in livrea il Cervello, la mia incertezza il cesso il balcone il cappello il divano il diva no il di vano la tua curiosità la nostra complicità (fino ad ora per niente evidente ma che assumerà una precisa configurazione) il loro ardere le streghe risentimenti, disgusto, smettila, facciamo finire, un leone?
Era l’amante della penna morta?
Perché non provi a leggere daccapo anche questa volta invece di bere l’amaro calice fine all’ultima goccia?
Anche questa volta.

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LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

LA CONDANNA

Capitolo 1

Capitolo 2

LA NOTIZIA

Capitolo quattordicesimo

Capitolo quindicesimo

Capitolo sedicesimo

Capitolo diciassettesimo

Capitolo diciottesimo

Capitolo diciannovesimo

LA CONDANNA

Capitolo 3

LA NOTIZIA

Capitolo ventesimo

Capitolo ventunesimo

LA CONDANNA

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

LA NOTIZIA

Capitolo ventiduesimo

Capitolo ventitreesimo

LA CONDANNA

Capitolo 7

LA NOTIZIA

Capitolo finale

Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

Anche questa volta

Il Paradiso non esiste

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ISBN 978-1-4710-7753-1


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Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
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Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
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Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Categoria principale BISAC
POETRY / Subjects & Themes / Love & Erotica
Categoria BISAC 2
FAMILY & RELATIONSHIPS / Love & Romance

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 – tutti i giorni dalle 14 alle 23
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Per Aurora – volume secondo – Anche questa volta: Trama

Per Aurora – volume secondo – Anche questa volta: Trama

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Anche questa volta

Trama

A Natale mi ha regalato una penna stilografica tradizionale. Con questo gesto la mia cara, ha manifestato in modo esplicito la sua complicità (eccola!) affettuosa con i miei scritti, mentre, larvato, dolcemente, con il simbolismo del pennino di memoria scolastica e dell’inchiostro d’altri tempi, mi ha lanciato un messaggio invito a rispettare maggiormente regole e semplicità, e meno male che non ci conosciamo da ieri!
Subito mi invaghisco di quella penna e dei significati che contiene, ed inizio un lavoro risultato alla fine un “esercizio di stile”.
In tutto questo percorso narrativo lascio supporre, che la penna accarezzata, coccolata ecc…trasformata in protagonista, si sia silenziosamente invaghita di un suo compagno di viaggio.
Fino al punto da fingersi esaurita, pur di impedire modifiche alla segretezza ed alla intimità della “sua” storia, con inserimenti che ne avrebbero potuto rappresentare pericolo. Probabile.
Possibile.
Si, se avessi continuato ad usarla.
In effetti, la sua difesa contava sulla premessa che era:
“QUESTA STORIA FINIRÀ QUANDO SARÀ
ESAURITO L’INCHIOSTRO NELLA PENNA CHE HO
DECISO DI UTLIZZARE. NÉ PRIMA NÉ DOPO.”
Infatti, finito l’inchiostro, avrei smesso di scrivere e la storia
sarebbe rimasta inalterata.
Per sempre.
Devo farlo.
Lo faccio.
Così come era nei miei proponimenti, concludo immediatamente la bozza, ma subito dopo, durante la notte di capodanno, l’Anima e il Cervello mi assalgono con violenza priva di rispetto, facendo sbandare le certezze che mi avevano accompagnato nella stesura del racconto, attivando fantasmi di scene non proposte (leoni mari in tempesta, volti, ecc…), e banalità non ribaltate in dimensioni a loro consone.
Lo scritto, accusato di eccessivo lassismo nei confronti di una semplicistica, detestata commercializzazione, deve essere ripreso modificato e finalmente personalizzato.
I due miei intimi giudiziosi compagni m’impongono con bonaria aggressione di trasformarlo in un’opera indiscutibilmente mia, con tutti gli eccessi e gli annessi problemi poiché, nella loro ottica, questi rappresentano bellezze di spontaneità innovazioni ecc…
Mi accingo a tale impresa utilizzando varie penne di diverso tipo, raccattate in un modo qualsiasi, e pare che tutto vada bene, fino a quando, usando l’ultima “fa schifo”, decido di cercare la stilografica, caricarla d’inchiostro e riportarla in azione.
La trovo nel fondo del cassetto in una macchia di inchiostro rosso sangue, essiccato, che la imbratta completamente rendendola inutilizzabile e che aveva permeato il mio manoscritto del racconto “esercizio di stile” rendendolo quasi completamente indecifrabile.Indotto dalla presunzione di avere una profonda conoscenza delle penne, mi illudo che abbia compiuto il gesto estremo per me. Invaghita di me.
La piccola domatrice di segni, l’austera protettrice dei miei bisogni letterari, la giovane, minuta, piacente, vezzosa, silenziosa bionda bruna cenere compagna di ore strane malinconiche tra una finestra, ed una poltrona a contatto con birre e distillati, feroci con i leoni di una frenesia mentale galoppanti al di sotto degli occhi, dietro le pupille, sulla corteccia del Cervello chiuso, accattivanti ogni volta che un volto acquisiva concretezza grafica, un sentimento librava in descrizioni di pura poesia poetica passionale con tutta l’Anima a presidiare lo spazio del foglio rodeo.
Ma, c’è un ma.

La frase: “Il paradiso non esiste”.
Mi disorienta il fatto di aver potuto leggere solo queste parole salvate da tutto il racconto, macchiato ed abraso, su cui la penna aveva rovinato l’inchiostro rosso residuo.
Ma, c’è un ma.
“Il paradiso non esiste.”
Il racconto sembrava chiudersi con interrogativi privi di risposte, sembrava.
Unicamente per la complicità (ancora lei) che tiene legati me e voi, voglio proseguire ed ammettere in questo epilogo, in questa “Trama”, che, nell’ultimo istante utile, mentre andavo a porre la parola fine, avevo afferrato insieme al senso della frase risparmiata dalla macchia di inchiostro rosso sangue, anche la vera natura della pazza violenza mentale di cui sentivo permeato tutto il racconto.
Se questa conclusione potesse darmi conforto, avrei compiuto un esercizio di equilibrio, tra balconi e leoni, degno di un circense di fama mondiale.
Non basta.
Insieme, erosiva di una miniera di malinconia, calmante, dolcemente soporifera, dissociante, la benda nera all’occhio del corsaro.
Nessuna bella amicizia, il braccio sulla spalla, potrà mai tanto.
Nessun affetto, partiamo, facciamo un viaggio.
“Anche a me quella volta” non vale non ottiene risultati.
Durante i pochi giorni felici in cui per la sua vicinanza si acuiva lo stimolo a mostrare il meglio delle mie capacità attrattive, mi ero visto, senza dubbi e dal primo momento, ai suoi occhi seducente pigmalione. “Anche questa volta” sbagliando.
“Anche questa volta” sostituendo arbitrariamente pensieri altrui con ricostruzioni non prive di fascino e lusinghe, ma originate dalla mia natura, fantasiosa, piuttosto che osservatrice.
Poi il dubbio.
Che un altro personaggio avesse condizionato l’esplosione di inchiostro.
Il dolente insinuarsi di un altro personaggio.
Avvicinarsi.
Vicini. Erano vicini.
La mia penna ed il mio manoscritto.
La mia penna ed il «suo» manoscritto.
La penna ed il manoscritto.
Penna e manoscritto.
Vicini.
Uniti in una macchia rosso sangue.
La verità mi coglie ormai privo di capacità reattive, deluso, affaticato psicologicamente con i sentimenti in poltiglia, e comprendo che “Il paradiso non esiste” rappresenta l’essenzialità della «loro» storia.
Una penna ed un racconto.
Con la mia immagine, velo trasparente su intese che non mi coinvolgono, in una di quelle belle favole di vita che la mia amica guascona stringendomi il braccio mi aveva invitato a cercare durante il nostro ultimo “Appuntamento”.
“Il paradiso non esiste”: quasi una epigrafe.
Per il loro breve incontro, terminato con l’immagine di una carpetta ammantata di inchiostro rosso sangue essiccato, lasciato scorrere dalla mia penna giovane piacente vezzosa silenziosa bionda bruna cenere compagna di ore…
… finita per amore, portando con se l’idea della sua prima ed unica passione.
Aveva scelto di portarlo con se in un viaggio…
… dove il paradiso non esiste.
Ancora è lei, la donna guascona, «La Signora», custode da sempre dei luoghi ove tornano serene, immutabili, adulte, le nostre fantasie ed i nostri pensieri, i nostri sentimenti ed immaginazioni, anche forse tutte le nostre vite, una volta che sia esaurita la loro avventura tra emozioni collettive, umane, è lei, Aurora, a raccogliere le mie delusioni con un tocco della mano portata ad accarezzarmi gli occhi.
Amica ed ormai parte di me, è lei Aurora che lascia aperte le mie speranze e mi incatena docile ai miei sogni ed ai miei dubbi (ancora loro!) con un sorriso indulgente.
Portarlo in un viaggio…
… nel suo viaggio senza tempo come questa lunga poesia, senza luogo senza storia come il mio paradiso, senza attori senza ombre come la loro passione.
Accompagnati dall’idea di un amore.
Incontaminato impercettibile.

Fine ?

Chiedo scusa alla mia amica per come ho utilizzato il suo dono (certamente meritevole di sorte migliore), ma io sono fatto così, e come scrittore i due petulanti appiccicosi invadenti padroni della mia mente, l’Anima e il Cervello, non mi lasciano alcuna possibilità di cambiamento.

Fine.

Dedica – Brevi commenti amichevoli

La Notizia virgola – La Condanna punto

LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

LA CONDANNA

Capitolo 1

Capitolo 2

LA NOTIZIA

Capitolo quattordicesimo

Capitolo quindicesimo

Capitolo sedicesimo

Capitolo diciassettesimo

Capitolo diciottesimo

Capitolo diciannovesimo

LA CONDANNA

Capitolo 3

LA NOTIZIA

Capitolo ventesimo

Capitolo ventunesimo

LA CONDANNA

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

LA NOTIZIA

Capitolo ventiduesimo

Capitolo ventitreesimo

LA CONDANNA

Capitolo 7

LA NOTIZIA

Capitolo finale

Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

Anche questa volta

Il Paradiso non esiste

Trama

Sembri

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Per Aurora – volume secondo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume secondo di Bruno Mancini

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Per Aurora – volume secondo – Vetrina LULU

Per Aurora volume secondo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID wdnrww

ISBN 978-1-4710-7753-1


Dettagli
Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
Copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Collaboratori Di (autore): Bruno Mancini

Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
Marchio editoriale/Casa editrice Lulu.com
Licenza di copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

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Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

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POETRY / Subjects & Themes / Love & Erotica
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Per Aurora – volume secondo – Anche questa volta: Anche questa volta

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TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Anche questa volta

Anche questa volta

No.

Il paradiso non esiste.
Mi hanno regalato una penna nuova, di quelle stile antico con pennino ed inchiostro, che non so più utilizzare; forse volendo con ciò convincere me a scrivere in maniera più comprensibile, pianificata, e liberare se stessi dall’angoscia di dover tradurre, anche questa volta da soli, i sali e scendi, contorti, rotaie volanti delle mie rappresentazioni.
La penna traccia segni troppo veloci; non lascia respiro all’ultima parola che già ne sovrappone un’altra. Il fiume diviene immediatamente rigagnoli.
Voglio raccontare “Anche questa volta”, ma devo cambiare penna.

26/12/03

Lo dico subito così elimino in partenza le diffidenze di chi, conoscendomi come scrittore, mi considera indisponente, malvagiamente annodato tra lirismo e costruzioni ermetiche, lo dico subito, e lo scrivo tra virgolette in modo tale da non lasciare spazi ad interpretazioni carbonare, preciso, scandito, sillabato:

“QUESTA STORIA FINIRÀ QUANDO SARÀ ESAURITO L’INCHIOSTRO NELLA PENNA CHE HO DECISO DI UTILIZZARE.
NÉ PRIMA NÉ DOPO.”

Già sento le critiche:
«Te l’avevo detto, non ha mai capo né coda»
«Lo sapevo che…»
Ma io voglio applicare un concetto basilare per il “mio” modo di concepire l’opera narrativa, e questo, sì, purtroppo, ho deciso di accennarlo semplicemente in questa occasione, proponendomi di illustrarlo con compiutezza forse in altra parte della storia, o persino di posporne l’esplicazione durante un altro racconto.
Ciascun romanzo ecc. non può mai essere considerato come un fatto a se stante, completo, definitivo, ma va piuttosto inserito in un processo complesso, modellato, generato dalla “vita” dell’autore.
(Dopo. Per il finale.)
“Anche questa volta” potrebbe finire già in qualsiasi momento, come la vita stessa, quella vera, che non lascia certezze di continuità, come l’inchiostro della penna che utilizzo in questi momenti, che non vedo e la cui quantità non riesco a valutare.
Questo è il soggetto, cerchiamo i personaggi.
… Il primo personaggio deve essere l’ambiente: adattabile a diversità esistenziali e che si modifichi impercettibilmente, ma a volte improvvisamente, per assecondare le vicende spirituali e materiali della trama. (1)
… Con “Anche questa volta” voglio costruire un percorso di lettura senza sapere da dove partire (al buio mentale) e senza immaginare quale sarà il punto d’arrivo.
… Azzardo puro.
… Ribadisco la voglia di scrivere per me solo, 28/12/03.

—°°°—°°°—

Ogni racconto, elementare o grandioso che sia, ha il tempo scandito dalla quantità di informazioni, sensazioni, visioni, e da tanti altri “oni” che l’autore vuole presentare.
Nel mio (e fino all’ultima pagina non sapremo come definirlo) il tempo sarà determinato dalla quantità di inchiostro. Preferirei dire dalla quantità della penna, ma, per non iniziare in maniera balorda mi posso accontentare di affermare che sarà la penna a determinarne la lunghezza.
Se parli con un domatore di leoni ti dirà che è più difficile lavorare con il re della foresta di quanto non lo sia con le tigri del Bengala.
A conforto di questa tesi ti sedurrà con i ricordi delle zampate improvvise che gli hanno lacerato le carni, anche quando sono arrivate con la delicatezza di un gioco.
Durante uno spettacolo od un esercizio.
Ti farà immaginare la gabbia piena di quattro? otto? dodici, sì dodici leoni maestosi, tra i cento ed i trecento chili ciascuno, lunghi due metri tra il punto di attacco della coda ed il naso. Con una parte consistente degli arti, occultata in posizione di riposo, subito pronta a lanciare tutto il corpo ed i sedici artigli speroni d’acciaio contro l’intruso, il pericolo, l’uomo.
L’io narrante è femmina e il protagonista è maschio.
Alla fine si scopre che l’io narrante, la donna, è la penna che scrive le sue memorie.
Autobiografia di una penna (2)
Le buone intenzioni più di altre conformiste, riconoscibili da tutti, limpide e lineari, hanno quasi sempre vita breve nella confusione che mi agita e mi sbatacchia tra un sentimento e un’idea, una voglia ed un non posso.
Sarà perché ho imparato ad ascoltare più voci contemporaneamente (non è la verità, in quanto manifestavo questa capacità già in età precoce e quindi essa non è stata frutto di un insegnamento), sarà perché non ho coltivato certezze (già con questa frase mi scopro in contraddizione. “Non ho coltivato certezze” cos’altro significa se non la convinzione di una “certezza”?), oppure, in una ipotesi coinvolgente e personalizzante, forse perché convivo con i miei dubbi nella identica maniera con la quale mi rapporto all’invadente protuberanza che caratterizza la parte frontale della mia testa (il naso) od anche alla fragilità della superficie liscia che mi ricopre (la pelle).
L’allegoria ha inizio.

Ed ecco che mi ritrovo a pensare quale travaglio la pittura (stavo per dire del secolo scorso mentre invece di secoli ne sono passati quasi due) si sia trovato ad affrontare con l’improvviso arrivo della fotografia.
Per millenni, genti di ogni estrazione sociale (Giotto?), per lucro o per diletto, avevano rappresentato la realtà in una dimensione oggettivamente differente.
Tutte le belle donne (Maja?), di successo, di potere, amate, temute, da sempre avevano consentito che l’artista alla moda potesse accedere ad intimità dei loro corpi altrimenti misteriose.
I guerrieri, i papi, i regnanti e le loro corti al completo (erano più numerosi dei paesaggi a voler credere alla quantità di ritratti che si vedono esposti nelle gallerie e nei musei), in fila per farsi immortalare il volto insieme alla gloria.
Cercherò di approfondire pure questo argomento in un’altra occasione, poiché ora mi interessa sviluppare il ragionamento in una direzione meno specifica.
Capita di lasciarsi trasportare docilmente verso un lago placido, quando la corrente si fa impetuosa ed il remo tenta contrasti faticosi.
La fotografia non ebbe lo stesso impatto devastante nei confronti della scultura.
Le forme tridimensionali poterono anzi inorgoglirsi ed affermare il primato della loro completezza.
Anche questa volta vorrei soffermare il mio pensiero su angolazioni diverse per luminosità e profondità, ma ho urgenza di proseguire.
La musica (era una musa?) non si scompose di una nota: nessuna fotografia avrebbe mai potuto riprodurre non dico una sinfonia, ma neppure un singolo suono.
E mi astengo dal continuare, felicissimo di giungere al nocciolo.
Quale distorsione ha subito la letteratura?
Poesia.
Narrativa.
Teatro. Il teatro è scomparso.
Andarono tutti al cinema, ora alla televisione (domani all’infusione?).
La poesia, poverina, non se ne fregò proprio.
Come per la musica: un suono non corrisponde ad un’immagine, un sentimento non equivale ad un colore.
Per la narrativa si poté considerare un equilibrio instabile tra un limite ed un traguardo.
Il nido del primo amore, l’atrio della stazione, i filari di alberi nella brughiera, fascinosi nelle descrizioni dei loro diversi autori, da quali magie ci si poteva illudere che sarebbe state abbellite subendo l’omologazione di una foto, due foto, tre foto?
Leggevo Salgari e, senza dare importanza ai suoni, alla grafica, alla consistenza delle parole (fosse stato scritto in russo e tradotto in italiano non sarebbe cambiato niente), venivo ammaliato da descrizioni di luoghi misteriosi, di belve sconosciute, di uomini dalla forza animalesca e di animali dai sentimenti umani.
È questo che voglio dire.
Oggi c’è la fotografia, il cinema, la televisione, internet, e chi sa cosa altro, oggi le belve non hanno più segreti, l’India è conosciuta quasi come Forcella (senza offesa per nessuno), ed ogni possibile descrizione di luoghi, ambienti, persone, ha valore solo in quanto stilisticamente rappresenta una innovazione. In bilico tra metodo e contenuto.
Ammesso che non sia il risultato di un abile collage medianico!
Ma i sentimenti umani della tigre e gli istinti animali dei Proci con quale pellicola si stampano?
Si scrivono e basta e si scrivono senza laccioli stilistici o propagandistici, si scrivono con lo sforzo di un travaglio, fisico e mentale, del cervello e dell’anima (ancora loro).
Si scrivono e basta.
Il paradiso non esiste.
(1) Potrebbe essere…
…l’unica possibilità di renderlo adattabile a tante situazioni cangianti è quella di crearlo nullo.
L’ambiente non c’è.
Personaggio fantasma. Inimmaginabile.
Dove si svolge l’azione?
Nessuno potrà dirlo.
Interno, esterno, studio, virtuale, fantasioso.
Niente, non esiste, è il primo ambiente inesistente.
Però c’è.
Il paradiso non esiste, l’ambiente sì, esiste.
Quando descriverò il momento in cui per la prima volta la penna sentirà entrare nel suo corpo l’inchiostro, nero come la pece, traboccante, straripante, allora occorrerà provvedere a numerose «censura»per consentirne la lettura ai maggiori di quaranta anni.
L’inchiostro nero senza ritegno anche quella volta (la prima volta della penna) turbò la sua infanzia, marchiandola in maniera indelebile.
Non basteranno avventure di diverso colore per cancellare completamente dagli anfratti più segreti della sua natura, i segni della prima presenza.
Quando un leone accetta l’invito di una leonessa, per diversi giorni non le concede tregua.
Trenta quaranta volte, di trenta secondi ognuno.
La particolarità è che non mangia e non beve.
A me lo scrivere induce la stessa ossessione.
Ripetere, rifare, riprovare, però, in quei giorni mangio e bevo con eccessi apparentemente ingiustificabili.
non riesco ad immaginare cosa potrà accadere se mi incontrerò con il mio leone.
… Alla fine si scopre che l’io narrante, la donna, è la penna che scrive, con le sue memorie, il racconto della vita di colui che l’ha sempre posseduta (il protagonista), identificabile con l’au

Fine dell’inchiostro, fine della storia.
31/12/003 ore 15.50.

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Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
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Specifiche di Libro
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Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

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Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
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Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
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“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
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Capitolo finale

Edoardo: -«Quando ero ragazzo la spiaggia dei Maronti incarnava significati di gran lunga superiori ad ogni altra bellezza naturale di tutta l’Isola.
La sabbia dell’arenile, doppia da non lasciare sul corpo la minima traccia di un granello; l’orizzonte sgombero da qualsiasi terra emersa, mare e cielo a cento ottanta gradi, neanche uno sparuto scoglio oltre la riva; rarissima, una nave da carico lontana molte miglia, poteva essere scambiata per un’ombra di nuvola.
Subito a ridosso dell’arenile, un canneto africano: arso approdo di uccelli migratori affaticati da traversate di giorni interi. Le quaglie stremate da avvicinare quasi fossero pulcini.
Pochi metri di terriccio tufaceo giallo, misto a ciottoli levigati dalle lunghe risacche, ed appare, immensa, la parete scoscesa di una collinetta ricoperta da arbusti e da cespugli.
Bisognava percorrerla, in salita oppure in discesa, seguendo un viottolo angusto che, simile ad un rigagnolo, in molte anse s’interrompeva costringendo sia a saltare tra speroni di rocce sia a compiere pericolose arrampicate.
Inerpicati ed aggrappati a radici e sassi, graffi e ginocchia sbucciate, di solito, targavano i nostri corpi.
Le ragazze dai capelli a trecce e grandi occhi scuri non osavano affrontare l’avventura, a meno che non avessero il petto adolescente pieno di passione, e forte la volontà di cedere abbandonate in un abbraccio segreto e rubato.
Noi rubavamo alla vista degli altri i sentimenti della nostra spontanea ingenuità, e la sincerità dei nostri gesti.
Ai Maronti, sulla sabbia, in un anfratto di grotta, con la mia
amata tra le braccia, al tramonto, di fronte al sole tiepido delle
primavere ischitane, potevo anche pensare “Il paradiso non è
eterno”.»
Edith:

-«Prima dell’alba
regalami un verso
così che io possa
sfrontata babbuccia
ricamo sulla brina
imprimere.

Al sole tenero
Vederla piangere di gioia.»

fine.

 

Dedica – Brevi commenti amichevoli

La Notizia virgola – La Condanna punto

LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

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LA CONDANNA

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LA NOTIZIA

Capitolo quattordicesimo

Capitolo quindicesimo

Capitolo sedicesimo

Capitolo diciassettesimo

Capitolo diciottesimo

Capitolo diciannovesimo

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Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

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Il Paradiso non esiste

Trama

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Per Aurora – volume secondo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume secondo di Bruno Mancini

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Per Aurora – volume secondo – Vetrina LULU

Per Aurora volume secondo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID wdnrww

ISBN 978-1-4710-7753-1


Dettagli
Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
Copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Collaboratori Di (autore): Bruno Mancini

Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
Marchio editoriale/Casa editrice Lulu.com
Licenza di copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Categoria principale BISAC
POETRY / Subjects & Themes / Love & Erotica
Categoria BISAC 2
FAMILY & RELATIONSHIPS / Love & Romance

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 – tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]

 

Per Aurora – volume secondo – La Condanna capitolo 7

Per Aurora – volume secondo – La Condanna capitolo 7

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora
volume secondo

La Condanna

capitolo 7

Petrus: -«Signora… ho prenotato il biglietto aereo per la Sardegna… poiché devo contravvenire al vostro ordine… interrompendo… ancora la lettura, ma non posso nascondere il mio stupore.
L’applauso che forse si è udito anche qui, e stato tributato dai morti suicidi mandati giù nel terrore eterno, incontrando… un nuovo arrivo.
È giunto proprio ora.
Un uomo.
Deciso, sicuro di sé, arrogante.
Ha attraversato il portone come se stesse entrando nel salotto di casa sua.
Senza un minino cenno di saluto.
Vieni con noi, dicevano tutti quelli che l’incontravano, ed applaudivano, urlavano non abbandonarci alla giustizia dei giusti… si sgolavano mandandogli baci… le donne, gli ultimi soldi rubati… i maschietti.
Lui dritto per il corridoio che conduce alla sala riunioni…» Aurora: -«Che me ne fooo tttt eee Petrùs, di un branco di stronzi inneggianti a qualcuno costui colui coloro!»
Petrus: -«Signora… la mia meraviglia… è che…»
Aurora: -«V AT T E N N E P E T R U ZA w2S.
VATTENE.»
Petrus: -«È arrivato l’uomo che rimbecillisce la gente.»
Aurora: -«Chi?»
Petrus: -«Sì lui, Snob Rob.»
Aurora: -«Come?
Che dici?
Sei pazzo.
Dove?
Ubriaco pazzo sclerotico.
Nemmeno in Sardegna ti farò andare.
In Alaska ti mando.»
Petrus: -«Signora è lui.»
Aurora: -«Lui chi? Insisti.»
Petrus: -«Signora di là morto ucciso da colpo d’arma da fuoco esploso da Bruno Imenottero, c’è Snob Rob o come si fa chiamare…»
Lo sverzino sferzante e schioccante di una frusta.
La mia amica Aurora si voltò con tanta rapidità verso di me da farmi credere avesse la testa snodabile.
Rimase a guardarmi negli occhi con le palpebre aperte oltre misura.
Senza un battito di ciglia.
Per il tempo necessario a rivivere rileggere riascoltare nella sua mente ormai ineluttabilmente collegata alla mia, ogni fotogramma del nostro incontro.
Provavo la sensazione di appartenerle e di esserne il custode.
Sentivo i suoi pensieri miscelarsi ai miei in un amalgama che non lasciava né riconoscere gli uni dagli altri, né riconnettere affermazioni ed aspettative, barlumi di speranze e spietate realtà.
Dalla prima all’ultima frase, parola, tutto veniva atomizzato smembrato parcellizzato nell’analisi che lei effettuava nei labirintici cunicoli, nei profondi visceri, nell’arruffato flusso della mia partecipazione.
Non interrompevo il filo che Aurora aveva inteso creare, non ne ravvisavo la necessità, considerato il risultato acquisito.
Mi sarebbe bastato chiarirle, e chi sa se lo avrei mai fatto, che il mio racconto proseguiva con la malefica soffiata (il racconto di tutta la sporca storia dell’impietoso spettacolo “La morte in diretta” organizzato da Snob Rob su suggerimento di Marco) sussurrata senza scrupolo da Nero all’uomo imenottero.
Così, seguendo il mio suggerimento, il gatto nero aveva spalancato il cancello che avrebbe consentito la realizzazione dei nostri reciproci scopi.
Infatti, la prospettata traccia di una nuova sconfitta, simile ad una rossa muleta, aveva “invespettirlo” (inviperirlo) lo storico rivale di Snob Rob oltre ogni limite sopportabile dalla sua antica acredine.
Al punto tale che si era confuso, con innocua apparenza, tra la folla in attesa dello squallido incivile amorale perverso abominevole show allestito, senza lesinare mezzi tecnici e risorse finanziarie dai due meschini omuncoli.
“Ecco a voi, gentili spettatori e telespettatori di tutto l’universo, radioascoltatori, navigatori cibernetici, ecco a voi, in prima assoluta cosmica, lei, l’unica, vera immensa padrona di tutto e di tutti, in diretta ed in esclusiva… ecco a voi Aurora, La Signora, la… ecc… bla… bla… ecc…”
Solo un attimo prima del previsto spettacolo della decapitazione in mondovisione, la rabbiosa invidia di Bruno
Imenottero, resa violenta dall’ormai imbattibile successo del rivale, freneticamente, lo aveva indotto a sparare contro il Mito ed i suoi complici.
Rivolgendo subito dopo l’arma verso se stesso.
Suicidandosi.
Bruno Imenottero, fulminato all’istante dal colpo di pistola fattosi esplodere al centro della fronte, era quell’ombra da tempo in attesa nell’angolo buio.
Snob Rob, sparato dall’astio incontenibile del collega, colpito al cuore, aveva raggiunto il regno della mia amica (ed il suo nemico collega di bastardi avvelenamenti televisivi), con un leggero ritardo dovuto alla lenta sofferente e dolorosa agonia patita tra ambulanza ed ospedale.
Marco e Adele?
Parvenze umane di cui non valeva la pena fornire ulteriori notizie.
Mortificatori senza ritegno?
Vivevano per lo scoop?
Volevano la morte in diretta?
Eccoli serviti.
Sconfiggere.
Demistificare.
Imporre.
Poco era cambiato.
Solo le vittime.
La morte non è spettacolo.
È pietà.
Che la condanna per loro sia eterna.
Non giunsi a decidere se questo chiarimento fra me ed Aurora ormai aveva ancora senso, in quanto lei anticipò l’imbarazzo della mia conclusione rivolgendosi con voce alta e chiara a tutti i presenti:
-«Tocca a me decidere.
Sempre.»
La mia amica mi baciò sulla fronte, e con il sorriso della
Gioconda disse a Petrus:
-«Come premio andrai da Ciro a Venezia per partecipare al grande tour dell’Ombretta.
Se non sbaglio quarantaquattro bettole in cinque ore, ogni sera per un mese.»
Petrus ritornò giovane e felice: -«Troppa grazia, Signora, non sono allenato abbastanza.»
E lei: -«Inizia a farlo, sparisci.»
Petrus: -«Una quarantina di ombrette tutte allineate, presto. Grazie.»
Poi Aurora, indicando i miei amici, con un ampio cenno di invito, chiese loro la cortesia di un bis.
Avrebbe gradito riascoltare i versi con i quali Edith aveva posto la parola fine a “La Notizia”.
-«Se è questo che vuoi» l’interruppi «devi, ora sono io che decido, ascoltare anche l’ultimo capitolo.»
Annuì.
Edoardo, l’Usignolo e Tom ripresero le loro posizioni sul palco, l’uomo dal fiore di ginestra al bavero dello smoking bianco (ginestra, fiore amato dalla mia donna), cinto alle spalle dal romantico soffice abbraccio della sua anima, sfiorando i tasti ci deliziò svagando tra antiche melodie napoletane. Aurora, Aurora non era più lei.

La donna guascona, la Signora, aveva lasciato in un bacio sulla mia fronte la potenza del suo regno, la immutabilità delle sue decisioni, la presunzione di eternità della sua propria essenza, scegliendo di essere umana, e poetare in mia compagnia tra sorrisi e pianti.
Amare e odiare, senza condanne.

Dedica – Brevi commenti amichevoli

La Notizia virgola – La Condanna punto

LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

LA CONDANNA

Capitolo 1

Capitolo 2

LA NOTIZIA

Capitolo quattordicesimo

Capitolo quindicesimo

Capitolo sedicesimo

Capitolo diciassettesimo

Capitolo diciottesimo

Capitolo diciannovesimo

LA CONDANNA

Capitolo 3

LA NOTIZIA

Capitolo ventesimo

Capitolo ventunesimo

LA CONDANNA

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

LA NOTIZIA

Capitolo ventiduesimo

Capitolo ventitreesimo

LA CONDANNA

Capitolo 7

LA  NOTIZIA

Capitolo finale

Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

Anche questa volta

Trama

Il Paradiso non esiste

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ISBN 978-1-4710-7753-1


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Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
Copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Collaboratori Di (autore): Bruno Mancini

Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
Marchio editoriale/Casa editrice Lulu.com
Licenza di copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

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Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

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Per Aurora – volume secondo – La Notizia capitolo ventitreesimo

Per Aurora – volume secondo – La Notizia capitolo ventitreesimo

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

La NOTIZIA

capitolo ventitreesimo

Edoardo: -«Un vecchio detto napoletano diceva che non tutte
le ciambelle riescono col buco.»
Edith: -«Napoletano?
Francese.»
Tom: -«Cinese, cinese.»
Edith: -«Era mia zia russa a dirlo sempre.»
Edoardo: -«Un vecchio detto napoletano diceva che non tutte le pizze riescono col cornicione alto.
E vediamo chi mi contraddice.»

—°°°—°°°—

Edoardo: -«Mostrare “La Signora” nel super iper concerto di una sfida in diretta allestita con ogni mezzo disponibile!
Al colmo della incoscienza, dell’ardimento, del rischio, della sfrontatezza, Snob Rob la voleva, presente senza trucchi scenici, nella inequivocabile realtà della sua natura.
Mettendo in gioco tutto, non solo la sua stessa carriera di grande imbonitore.
Scioccare creare disagio squartare il pubblico in due fazioni, guelfi e ghibellini, scannatevi, è giusto o non è giusto, lecito illecito, morale amorale, corretto scorretto, bambini a letto alle ventidue, arriva “La Signora” nuda e crudele.
La sfacciataggine di una perversione ineguagliabile.
Porsi in prima linea ad istigarla e provocarla.
Quasi Ella fosse una delle mille attricette sgualdrine, oppure avesse un minimo senso etico accostarla alle incartapecorite nobildonne dell’ordine dinastico di Via Teulada, ai maghi ed ai ciarlatani, ai buffoni, ai politici corrotti e falsamente esasperati per la politica degli altri, al suo compare Marco.»

Tom: -«Ecco a voi Aurora, la donna guascona.
La vera Signora, nuda e cruda.»
Edith:: -«Blasfemi. Osceni. Maledetti.
Tom: -«Il gioco è fatto.»
Edoardo: -«Ponendo sul piatto del croupier tutto, vita
compresa.»

—°°°—°°°—

Edoardo: -«Molte sono le funzioni che gli individui tendono a segregare. Vuoi per vergogna, vuoi per decoro.
Tra esse certo la fede, quando sinceramente vissuta è la meno sbandierata.
Chi ne è provvisto l’alimenta nel confessionale di una intimità accorta, personale, assolutamente privata e riservata.
Anche il gatto nero, umanizzandosi, aveva sentita possente la necessità di custodire la sua devozione in totale segreto per tutti.
Compreso Snob Rob.
Solo per un caso fortuito Nero si riconosceva nello stesso catechizzatore appellato telefonicamente “Sua Santità” da Bruno Imenottero.
Combinazione nella combinazione, ascoltando con finto disinteresse il dialogo fra Snob Rob e Marco, nell’altalenante disattenzione di un distratto miagolio e del frusciante mugugno di una fusa, lo scaltro felino era giunto a ricavarne l’idea che quel parlare fosse preludio di mortificazione anche per il tedoforo della sua stessa religione.
Cessò di botto il vorticoso prillare intorno ad un piede della sedia.
Inoltre, ed anche questo è importante, il nero quadrupede schifava profondamente le mani sudaticce e scheletriche della micro pugnettara alla quale era stato affidato.

Già una volta aveva tentato di superare una barriera invalicabile.
L’impossibile, pur di parlarmi.
Riconoscendo in me l’unica nuova presenza nel suo ambiente
in grado di svelargli orizzonti sconosciuti, così, decise su
quattro piedi…»
Edith: -«Zampe.»
Edoardo: -«Così decise.
Di fuggire.
Scappare.
Evadere.
Defilarsi.
Squagliarsela, come dicono i gatti non umanizzati, gatton
gatton.
Cercarmi.
Costringermi ad ascoltarlo.
Chiedermi un consiglio.
La notte stessa, mentre Adele innaffiava di piscia il salotto per una forma di incontinenza non curata da bambina, quatto quatto, zitto zitto, lemme lemme, come dicono i gatti, gatton gatton, nero nero, Nero aprì la maniglia della porta, ormai sapeva farlo, e venne fino al tavolo di cucina dove scrivevo ed avevo quasi terminato di bere quella che pensavo fosse l’ultima birra della giornata.
Mi sbagliavo, di birre ne avrei stappate molte altre ascoltandolo.
Mi disse tutto.
Senza voce, senza miao, muovendo gli occhi la coda i baffi le
orecchie, le unghie dei piedi…»
Edith: -«Delle zampe.»
Edoardo: -«…dei piedi, la testa, tutto nero.
Quando mi parve che avesse terminato di espormi le sue perplessità, e che l’immobilità felina dovesse intendersi come offerta di sottomissione animalesca nella attesa di un ordine, quasi fossi il suo padrone “Non sono io”, lo informai, “il Bruno che cerchi.
In questa dimensione, in questa casa, in questa storia, io sono Ignazio, amico di Aurora, Ignazio di Frigeria e d’Alessandro con cuore di poeta.
È Imenottero il tuo patriarca confessionale.
Parla con lui.”
E fu condanna.»

—°°°—°°°—

Edoardo: -«La notizia si diffuse così rapidamente da lasciarmi
di stucco.»
Edith: -«Perché di stucco?»
Edoardo: -«Vero non di stucco ma di marmo.»
Edith: -«Che cambia?»
Edoardo: -«Il marmo è duro.»
Edith: -«Anche, lo stucco.»
Edoardo: -«Il marmo è bianco.»
Edith: -«Anche lo stucco.»
Edoardo: -«Per te ci sarà una differenza!»
Edith: -«Trovala.»
Edoardo: -«La notizia si diffuse così rapidamente da lasciarmi
come un pezzo di stucco marmorizzato.»

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La NOTIZIA

capitolo ventiduesimo

Edoardo: -«Uno degli antichi detti napoletani suggerisce di
non spifferare i fatti nostri a chi ci racconta quelli degli altri.
Immagino che alcuni ne contesteranno la napoletanità.»
Edith: -«Era spagnolo.»
Tom: -«No cinese.»
Edith: -«Ma se lo diceva sempre mio nonno l’africano.»
Edoardo: -«In ogni versione rimane, comunque, lo stesso concetto.
Semplice, elementare, lineare.
Qualità che Snob dall’alto della sua presunzione intellettuale non si consentiva, vuoi anche poiché, vantando una rete d’informatori dislocati praticamente ovunque, era convinto d’essere in grado d’impedire il buon esito di ogni attacco ai suoi danni, da chiunque tentato, senza distinzioni.»

—°°°—°°°—

Marco: -«Tu ed io faremo il colpaccio.
Scardineremo, bruceremo, annulleremo, supereremo, affosseremo, ridicolizzeremo, mortificheremo, sputeremo in faccia alla telefonata ricevuta in diretta da Bruno Imenottero.
Che vuoi che sia la sua santità, per di più soltanto al telefono, rapportata alla realizzazione scenica, in diretta, della mia teoria!
Noi mostreremo la morte a schermo intero e inquadratura fissa con una ripresa satellitare mondovisione.
La Signora spogliata del suo decoro, della sua intimità e della sua riservatezza!
Nel momento cruciale.
La morte non sarà più immutabile, né più immortale.
Adele, vecchia patanccia padanaccia pervertita animalofila dei miei disgusti, se non la smetti di maneggiare libidinosamente il gatto nero umanizzato da Rob, ti sputo in faccia due caffé alla cicuta.
Che ne pensi Rob?
È o no una cazza di idea?»
Snob Rob: -«Architetterò tutto rapidamente.
Va bene ci sto.
Noi mostreremo, in tempo reale, la decapitazione di un martire eseguita dai selvaggi antagonisti delle civiltà collegate al nobile sfruttamento petrolifero caro ai finanziatori che sponsorizzano anche le mie trasmissioni.
Farò tremare d’invidia i discendenti dell’antica inquisizione. Hai detto bene, ridicolizzerò Bruno Imenottero e la sua santità. Sbatterò in faccia all’umanità, con tutta la veemenza della rabbia che mi coltivo, la morte senza veli e senza trucchi.
Signore e Signori, ecco a voi lo spettacolo unico ed irripetibile, pietoso e cruento, umano e mortale ecc. Ancora una volta sarò il primo.
Al lavoro!
E, visto che la tua inutile propaggine anale, Emma, oh no,
Adele, non potrà collaborare in alcuna maniera… inutile è
inutile, affiderò il gatto a lei.
Almeno si guadagna la pagnotta.
Accompagnandolo a pisciare e cagare in queste ore per noi di febbrile lavoro.
Mi raccomando Adele, ogni due ore nel vasino, e non mangiare i suoi croccantini.»

Dedica – Brevi commenti amichevoli

La Notizia virgola – La Condanna punto

LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

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Capitolo quattordicesimo

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Capitolo ventitreesimo

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Capitolo finale

Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

Anche questa volta

Trama

Il Paradiso non esiste

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Per Aurora – volume secondo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

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Per Aurora volume secondo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID wdnrww

ISBN 978-1-4710-7753-1


Dettagli
Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
Copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Collaboratori Di (autore): Bruno Mancini

Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
Marchio editoriale/Casa editrice Lulu.com
Licenza di copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Categoria principale BISAC
POETRY / Subjects & Themes / Love & Erotica
Categoria BISAC 2
FAMILY & RELATIONSHIPS / Love & Romance

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 – tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]

Per Aurora – volume secondo – La Condanna capitolo 5

Per Aurora – volume secondo – La Condanna capitolo 5

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

LA CONDANNA

Capitolo 5

Non solo durante tutto il periodo di tempo successivo alla mia iniziale richiesta di riprendere la lettura del racconto – ed in particolare sia mentre Edoardo Edith e Tom si erano alternati a dar voce ai personaggi che “La notizia” poneva protagonisti in quei capitoli e sia durante le malaccorte interruzioni cui Petrus ci aveva costretto a sottostare-, ma finanche nei momenti di tensione espressi dalle finalmente quasi umane debolezze che Aurora (la mia amica un po’ guascona) manifestava, mi tornava in mente, con un tic tac cronometrico, la promessa della sua visita.
Riflettevo di essere stato felice perfino per la sfumatura con la quale ella me l’aveva offerta come dono di valore inestimabile.
Procurandomi un sorriso.
Non certo perché, proprio un sorriso, era stata l’unica esplicita richiesta espressa con la sua decisione, ma in virtù del fatto che un solo momentaneo allontanamento dalle responsabilità delle sue mansioni mi appariva una eventualità assolutamente irrealizzabile.
Aurora lascia il suo regno un attimo vuoto!
Impossibile.
Né Petrus, ne Carò, avrebbero potuto da soli gestire gli arrivi quotidiani.
Credevo.
Sorridendo, mi dicevo vedremo, forse sbaglio.
In questo mio stato di futile riflessività, improvvisa, come una bomba, la sue frase mi scosse:
“ Aiutami, vengo con te”.
Aiutami, niente di più facile.
Vengo con te, niente di più desiderabile.
Ma… non in questo modo.
La vita non gode di tristezze, non approfitta di debolezze, non insegue tesori fioriti da bulbi di dolore.
La vita è.
È.
Ormai Aurora temeva che l’uomo della imbecillizzazione generale indotta attraverso il mezzo televisivo, stesse per incidere, con la crudeltà innata nei cinici arrivisti, in modo indelebile, la riservatezza di cui ella era fiera e gelosa. Sfregiandola irrimediabilmente.
Lo Snob Rob pezzottato fraudolente sapendo di esserlo. L’avventuriero di siepi di cicale, e stagni di ranocchi, senza dubbio tentava di dimostrarsi sfidante e vittorioso.
Sarebbe bastato che le dicessi “andiamo e si vedrà”, per condurla dove desideravo, umana.
Non in questo modo.
La vita è.
È.
D’altro canto, se avessi dato corpo alla mia riluttanza d’inserirmi nella vicenda, non sarei stato di nessun giovamento per lei, e mi sarei mortificato di averla lasciata sola ed indifesa nel momento particolarmente delicato che la rendeva confusa ed indecisa.
Quantunque il mio senso di rispetto assoluto per ogni individualità costituisse una remora di difficile superamento, tuttavia dovevo impedire la realizzazione del progetto partorito dalla mente del geniaccio malefico, Marco, ormai sul punto di essere realizzato dall’uomo demoniaco privo di scrupoli: Rob il succhia vite.

—°°°—°°°—

Chiesi che fosse continuata la lettura.

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Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

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Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
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“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
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Per Aurora – volume secondo – La Condanna capitolo 4

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TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

LA CONDANNA

Capitolo 4

Petrus: -«Signora perdonate, sono costretto ancora una volta ad interrompere la piacevole lettura.
Signora, Carò mi dice di comunicare che insiste.»
Aurora: -«Chi si permette?»
Petrus: -«Di là c’è l’uomo giunto pocanzi che asserisce di aver parlato anche con la sua santità.
Vi vuole subito.
Come mi devo comportare?
Non sembra violento, ma testardo e determinato.
Almeno credo di poterlo dire, anche se si è ammazzato durante uno spettacolo dopo aver colpito con colpi di pistola tre compagni di merende (un maschio prevaricatore predicatore logorroico, una donna scombinatella sguaiatella, e non so bene chi è l’altro).»
Aurora: -«Petrus, forse non hai capito.
Qui c’è in gioco la mia dignità.
I tremila pipistrelli morti suicidi svolazzerebbero come corvi intorno alla Signora, o come dice Ignazio alla donna guascona, se ciò che l’intuito mi suggerisce dovesse avverarsi.
Bevi una tequila con sale e limone per rendere la tua mente più lucida.
Se interrompi un’altra volta, ti mando in Sardegna a pascolare non anime, agnelli.
Ho su di me come una cappa di protezione e di impotenza, di minaccia e di difesa in un crudele palio in cui io sono il bersaglio.
Petrus, chiama Carò, digli di fottersene.
Hai capito bene?
Fottersene.
La Signora è in guerra, in pericolo, ma non subisce supina. Sono pronta a bruciare sul rogo come una strega, non prima però di essermi difesa, come una fattucchiera, elaborando incantesimi e malie.

Ignazio è questo che volevi?
Un dramma evidente della mia coscienza?
Il timore della fine del regno, la paura, sballottati tra i miei ideali colpevolmente indifesi?
È giusto.
Ricordo.
Chiedendo il premio hai detto “forse non capirai” o qualcosa di simile.
Io non capisco.
Aiutami.
Vengo con te.»
Non volevo che si rassegnasse a farsi trasportare in un equilibrio artificioso e scelsi parole elusive:
-«Abbiamo ancora molte righe da leggere, tante frasi da comprendere.
Fatti, intenzioni, comportamenti, intenti, volontà, da verificare
Petrus potrebbe, se tu lo volessi, accompagnare il questuante, da sé detto amico della sua santità, in un angolo buio e remoto dal quale, tuttavia, sia in grado di essere spettatore delle nostre azioni.
Che non urli, non pianga, non si avvicini.»
Aurora: -«Petrus, fallo.
E smettila di bere, cazzo.»
Era parsa tanto incredula e contrariata da spingermi a rassicurarla almeno nella sostanza del nostro rapporto:
-«Hai detto aiutami.
Ignazio non aiuta, Ignazio è.
Per te amico.»

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Per Aurora – volume secondo – La Condanna capitolo 3

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Per Aurora
volume secondo

Capitolo 3

Petrus: -«Signora, perdonate l’interruzione, ma Carò mi informa che di là ci sono nuovi arrivi.»
Aurora: -«A lui offri un affogato alla panna, tu bevi un punch al rhum, fai portare birre fredde ai miei amici, e lasciami ascoltare.
Non sono serena, ho un sussulto di titubanza, sento aleggiare sintomi di volontà oltraggiose, inquietanti.
Falli aspettare.
Professore Edoardo continui pure.»
Petrus: -«Grazie per il punch, posso averlo doppio?»
Aurora: -«Vattene.»

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TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora
volume secondo

LA NOTIZIA

Capitolo ventunesimo

Edoardo: -«La brutta sera durante la quale Snob Rob, a cena, certo di poter continuare a bearsi nella libidine d’indici di gradimenti da sempre univoci in suo favore, lesse con sgomento che Bruno Imenottero l’aveva superato nel favore popolare per merito di un collegamento telefonico in tempo reale con la sua santità (la notizia si era diffusa così rapidamente che, senza ritegno, alcuni milioni di italiani erano corsi ad accaparrarsi un televisore anche scalcinato, il 99% dei circa trenta milioni di telespettatori già sintonizzati aveva cambiato immediatamente canale per averne conferma, e, tutti insieme, avevano finito per distruggere quantità industriali di telecomandi, nel frenetico tentativo di vedere un fotogramma dello straordinario evento anche solo in replica differita dissalata edulcorata manipolata emendata, non smerdata come dice Adele, emendata bollita cotta e ricotta, non la ricotta di pecora capra asina, la ricotta dell’asina tua, della mucca extraterrestre vista in un paese misterioso immerso nella giungla descritta nei viaggi di Robinson Crusoe), la brutta sera in cui… punto.»

—°°°—°°°—

Tom: -«Well! Scusate la breve interruzione.
La frase riprenderà dopo una piccola pausa, per dare il tempo al nostro autore di bere una birra in santa pace lontano da queste ombre scoglioneggianti, scorreggianti dalla bocca e dal naso e che parlano col culo.
Bevete birra, la birra fa bene.
Chi beve birra manda a fa’ nculo gli stronzi.

Giuseppe, giuseppe che cosa ti sei perso!
Due figli laureati a pieni voti, la femmina arrapante, giuseppe, giuseppe per una piccola pompinara stronzetta.
Finito tempo di birra diceva il birrese. OK.»

—°°°—°°°—

Edoardo: -«La brutta sera in cui, punto.
Elaborò la proposta di Marco e decise di volerla approfondire.»

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Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
Marchio editoriale/Casa editrice Lulu.com
Licenza di copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Categoria principale BISAC
POETRY / Subjects & Themes / Love & Erotica
Categoria BISAC 2
FAMILY & RELATIONSHIPS / Love & Romance

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 – tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]

 

Per Aurora – volume secondo – La Notizia capitolo ventesimo

Per Aurora – volume secondo – La Condanna capitolo 1

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

LA NOTIZIA

Per Aurora
volume secondo

Capitolo ventesimo

Marco: -«Ho registrato tutte le tue ultime puntate.
Sì, scisciò, l’avvocato di Avellino, cecilia, giuseppe, la sorella di giuseppe, il marito della sorella di giuseppe, i loro due figli maschi e la figlia femmina, l’amante di giuseppe ed il loro figlio, violetta, salvatore, luigi, la moglie del futuro ministro, un graduato dei carabinieri, un segretario di tribunale, il fratello del sindaco di un altro comune, con la moglie ed il figlio, un funzionario di polizia, un parente, due parenti, tre parenti, un ufficiale sanitario, un addetto alle dogane, un proprietario di bar, un, ah sì un armatore falso, un cane, un cavallaro, tremila pipistrelli e tutte le maledette zanzare dell’Isola d’Ischia.
La più grande è stata quella in cui hai fatto parlare il gatto nero che hai in braccio e miagolare il suo padrone.
Da non perdersi, unica, storica, universale.
Digiunerei tre volte se la volessero censurare.
Una volta per me, una volta per te, una volta per consentire a questa patanella padanella truccata da intellettuale di sprigionare un barlume di attenzione vedendoti all’opera.
Parlo di te stronzoncella sbulinatella spinellomanella… e lascia stare il gatto nero.»
Adele: -«Marco, Marco mi fai arrossire.»
Marco: -«Rob, chiama me, lo sai non ti deluderò.
Uno scoop.»
Snob Rob: -«Ripeti.»
Marco: -«Scoop.»
Snob Rob: -«Giura.»
Marco: -«Non posso, non credo, non voglio.
Io sono io credo io voglio.»
Snob Rob: -«Marco, ti credo parliamone.»

Dedica – Brevi commenti amichevoli

La Notizia virgola – La Condanna punto

LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

LA CONDANNA

Capitolo 1

Capitolo 2

LA NOTIZIA

Capitolo quattordicesimo

Capitolo quindicesimo

Capitolo sedicesimo

Capitolo diciassettesimo

Capitolo diciottesimo

Capitolo diciannovesimo

LA CONDANNA

Capitolo 3

LA NOTIZIA

Capitolo ventesimo

Capitolo ventunesimo

LA CONDANNA

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

LA NOTIZIA

Capitolo ventiduesimo

Capitolo ventitreesimo

LA CONDANNA

Capitolo 7

LA  NOTIZIA

Capitolo finale

Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

Anche questa volta

Trama

Il Paradiso non esiste

Sembri

Sembri

Per Aurora – volume secondo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume secondo di Bruno Mancini

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Per Aurora – volume secondo – Vetrina LULU

Per Aurora volume secondo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID wdnrww

ISBN 978-1-4710-7753-1


Dettagli
Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
Copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Collaboratori Di (autore): Bruno Mancini

Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
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Punto.
Per una frase non conclusa.
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Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
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Per Aurora – volume secondo – La Notizia capitolo diciannovesimo

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TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora
volume secondo

Capitolo diciannovesimo

Marco: -«Mio caro Rob, già sai che in ragione delle mie battaglie anarchiche internazionali non posso riconoscere alcun titolo onorifico…»
Adele: -«Marco è nato Marco, Rob è nato Rob.
Marco non è Onorevole, Rob non è Snob, Io sono Adele da sempre per tutti e per sempre.
È vero?»
Marco. -«Mia piccola puzzolentella appendice ambulante, non iniziare ad interloquire, altrimenti incazzato come sono per lo sciopero dei pullman e dei venditori di spinelli, ti sbatto in faccia il gatto nero accucciato sulle ginocchia di Rob.
Dicevo, Rob, non potrei riconoscere un distintivo distinguente, quando anche fosse stato meritato su un campo di battaglia in difesa dei diritti umani e proletari, e, quindi, non farò mai seguire al nome Rob il tuo eccellente titolo Snob.
Questo per il mio elitarismo social propagandistico.
Lo stendardo invisibile ed impalpabile di mille crociate nel segno delle genti italiche…»
Snob Rob: -«Marco che vuoi?
L’intervista te l’ho fatta dieci anni fa.
Non posso di nuovo, c’è tanta bella gente che aspetta.
Leggi, leggi: “La prego mi inviti alla funzione, firmato, Arcives”, “Aspetto, aspetto sempre di poterti raggiungere, tua Ornella Birichina”, “Apri le porte alla mia magia che non teme catene, Udin Udin”, “Se non vengo le tigri muoiono di dolore, Orfea”.
Vuoi leggerne altri?
Tremila fax e-mail al giorno, tutti i santi e sacramentati giorni,
comprese Domeniche Natale Capodanno Pasqua Resurrezione
Ferie Compleanni Anniversari miei tuoi suoi di lei…»
Marco: -«Lei chi?»
Snob Rob: -«Marta.»
6Marco: -«Ancora?»
Snob Rob: -«Che ti fotte?»
Marco: -«Così per dire!»
Snob Rob: -«Pensa alle Adelucce tue.
Ed io dovrei far posto a te invadente invasato invasore, in cambio di cosa, logorroico narcisista asociale?»
Marco: -«Asociale no.»
Snob Rob : -«Insisti.
Se dico asociale, devi accettare asociale, se ti chiamo stronzo,
devi sottometterti, questo è lo spettacolo con la mia presenza
magna.»
Adele: -«Marco, che dice si magna?»
Marco: -«Spernacchiona non dire cazzosità, la magna, non si
magna.»
Adele: -«Peccato, mio genio.»
Snob Rob: -«Inoltre è con te anche Adele portasfiga!»
Marco: -«No, no, se vuoi lei va via.»
Adele: -«Marco non lasciarmi senza un buffetto.»
Marco: -«Buffet, scema, si dice buffet.
E taci se devi parlare.
Parla tacendo. Come faccio io.
Impara da me, stupidella coccinella, io taccio parlando, tu parla tacendo.
Rob ti assicuro uno scoop.»

 

Dedica – Brevi commenti amichevoli

La Notizia virgola – La Condanna punto

LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

LA CONDANNA

Capitolo 1

Capitolo 2

LA NOTIZIA

Capitolo quattordicesimo

Capitolo quindicesimo

Capitolo sedicesimo

Capitolo diciassettesimo

Capitolo diciottesimo

Capitolo diciannovesimo

LA CONDANNA

Capitolo 3

LA NOTIZIA

Capitolo ventesimo

Capitolo ventunesimo

LA CONDANNA

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

LA NOTIZIA

Capitolo ventiduesimo

Capitolo ventitreesimo

LA CONDANNA

Capitolo 7

LA  NOTIZIA

Capitolo finale

Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

Anche questa volta

Trama

Il Paradiso non esiste

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Per Aurora volume secondo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID wdnrww

ISBN 978-1-4710-7753-1


Dettagli
Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
Copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Collaboratori Di (autore): Bruno Mancini

Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
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Per Aurora – volume secondo – La Notizia capitolo diciottesimo

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TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora
volume secondo

Capitolo diciottesimo

Marco: -«Per vincere bisogna andare in onda.
Il gatto nero umanizzato, scisciò che arringa dal palco di piazza Venezia, l’avvocato d’Avellino confezionatore di balle internazionali, cecilia che si tramuta in panzarotto pur di piacere ai porci come lei, la moglie del futuro ministro, e poi giuseppe che manda i figli a piazza degli Eroi con un piattino per le elemosine e tra una sega e l’altra si fotte una maestrina bruttarella puttanella, l’uomo dei gettoni più ladrone dei ladroni del padre eterno, violetta, salvatore, luigi, un graduato dei carabinieri, un segretario di tribunale, il fratello del sindaco di un altro comune, con la moglie il figlio e la figlia, un funzionario di polizia, un parente, due parenti, tre parenti, un ufficiale sanitario, un addetto alle dogane, un proprietario di bar, un, ah sì, un armatore falso spiluccato dalle alici nel mar Baltico, un cane, un cavallaro, trentamila pipistrelli e tutte le stramaledette zanzare dell’Isola d’Ischia.
Tutti combattenti mariuoli, zozzoni, depravati, con una
banconota stampata nel cervello (nel cervello per altro
inesistente), tutti momentaneamente celebrati benedetti santificati magnificati.»
Adele: -«Da chi intendi?
Lumeggiami, prezioso Pigmalione.»
Marco: -«Da Snob Rob: l’uomo che ti pone sull’onda del consenso della imbecillizzazione eletta a sistema.
Da Snob Rob: il demiurgo della catartica amplificazione di briciole di umanoidi in uno schermo multitutto, etnico religioso sessuale fonico.
Da Snob Rob: il detersivo detergente smacchiante abrasivante universale salvatrame intrecci ed intrighi. Il Mito Pubblico.
Beviamo ranocchiella dei miei sogni disgraziati, Adele,
brindiamo di nascosto con quattro litri di vino, cinquanta
cappuccini e tredici cognac.»

Adele: -«Tredici non è divisibile per due.»
Marco: -«Lo so, ma il capo indiscusso, indiscutibile, intelligente, inappellabile, ineluttabile, incancellabile, inespugnabile, inevitabile, cioè in una parola “infungibile” (pagina 1158 Devoto Oli) sono io.
Andiamo.
Andiam.»

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Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

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Capitolo ventesimo

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Per Aurora – volume secondo – La Notizia capitolo diciassettesimo

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora
volume secondo

Capitolo diciassettesimo

Edoardo: -«La collina che si presenta sul costone a sud del Maniero, appare come un solidificato ribollire di terre variamente conformate.
Tra un gruppuscolo di zolle ruggine bronzate e due linee curveggianti di sedimentazione acciaio cremoso, le ginestre (ginestra, fiore amato dalla mia donna) sporgenti in titubanze innaturali, quasi il cielo non fosse la meta cui tendere le cime, fiorivano in intense macchie gialle, orizzontali e parallele al mare.
Per quanto era possibile capire dalla lontananza del mio punto di osservazione, i fiori, affastellati, gettavano nell’acqua il chiarore della loro tinta, nell’aria il loro aroma inconfondibile.»

—°°°—°°°—

Marco: -«Per vincere bisogna combattere, andare da Snob Rob e trasformare la propria vita di merda nella visione di una Maria; il lerciume esistenziale in una serie di azioni umanitarie pregne di intima sofferenza.»
Adele: -«Mio genio, mia luce odore smalto, parli come un
predicatore di Assisi di Roma d’India e di Calcutta…»
Marco: -«Perché Calcutta?»
Adele: -«Mi piace il suono C a l c u t t a.
Si muove tutta la bocca, lingua labbra palato denti…»
Marco: -«Cacatella ammosciata, cessa di libidinarti, i denti
non si muovono».
Adele: -«Per Marco si muoverebbero le montagne!»
Marco: -«Hai detto bene, ascolta.
Quella mezza pugnetta di giuseppe (gli amici da ragazzo gli sputavano in culo e lui rideva perché non riusciva o poteva fare altro), è andato in giro a raccontare balle (più facile dirle o crederle?).
La sua stronzaggine, ereditata dalla Grande Stronza della madre e tramandata dalla stessa anche alla microscopica stronza della sorella, appariva, nel salotto di Snob Rob, come l’infelicità di una continua privazione.
Eternamente deve essere privato di ciò che ha tolto con cinismo.
La fiducia nella dignità umana.
L’onore di esseri giusti.»
Adele: -«Al patibolo!
Alla gogna!»
Marco: -«Hai detto bene mio super caro (scaro) ectoplasma
mummificato.
Invece Snob Rob lo piazzò in mezzo ai due ladroni.»

—°°°—°°°—

Edoardo: -«Le ginestre (ginestra, fiore amato dalla mia donna) sulla collina sono scomparse da anni.
In cambio è possibile finalmente non accontentarsi soltanto di guardare il promontorio da lontano, ma, maledetti gli ideatori i costruttori i villani compiacenti, è possibile attraversarlo su una comoda auto moto motoretta taxi autoradio a tremila trecento watt, gustando meravigliosi cancelli di pseudo artigiani posti a recinzione delle splendide (?) ville abusive raccolte in recinti murati oltre ogni visuale.
Grazie signori, che siate maledetti.»

—°°°—°°°—

Marco: -«Il venditore di gettoni!

È la stessa storia.
Un punto meno squallida solo perché i figli non sono stati
mandati a chiedere l’elemosina a piazza degli Eroi come ha
fatto giuseppe.
Però ugualmente organizzata gestita articolata in maniera fraudolenta.
Tutta una vita di ruberie.
Tutta una vita di espropriazioni.
Finanche le due mogli espropriate e derubate.
Mica di poco: l’onestà, la felicità, la femminilità.
L’uomo di merda insinua, dicendo.
Snob Rob ne ha presentato una immagine munifica paciocca ed interessata a risolvere i problemi dei ragazzi.
Oltre l’isola, in tutto il golfo.
Intanto, l’uomo dei gettoni continuava a vendere giochi proibiti e consentiva che altri organizzassero schifezze ai danni dei giovani adescati dalla sua mente corrotta.»
Adele: -«Un figlio drogato.»
Marco: -«La figlia zoccola.»
Adele: -«Lui si faceva fare i pompini dai marinai.»

 

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LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

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Capitolo 9

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LA CONDANNA

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Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Categoria principale BISAC
POETRY / Subjects & Themes / Love & Erotica
Categoria BISAC 2
FAMILY & RELATIONSHIPS / Love & Romance

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 – tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]

 

Per Aurora – volume secondo – La Notizia capitolo sedicesimo

Per Aurora – volume secondo – La Notizia capitolo sedicesimo

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora
volume secondo

Capitolo sedicesimo

Marco: -«Ne parlerò con Snob Rob.
Mi faccio invitare.
Vieni anche tu minuscola sedentaria mummificata con le dita nel culo e nella fica cloaca.
Smettila di leccare le bucce di banana, antica progenitrice di babbuini, amore mio disgustoso, vieni pure tu, zozzosissima Adele sparruccata.
Guarda i miei, fluenti biondi lunghi empi…»
Adele: -«Empi?»
Marco: -«Riempi, e vedrai come sarà caloroso l’applauso degli zombi prezzolati.
Gli innalzerò l’indice d’ascolto sciorinando la mia nuova teoria.
Se Io immortale, tu pure.»
Adele: -«Strepitosa elargizione!
Grazie, Vate.»
Marco: -«Tu strepiti.
Strepitante nulla capiente!
Non tu immortale, scema.
Lui meco eterno, Snob Rob.»

 

Dedica – Brevi commenti amichevoli

La Notizia virgola – La Condanna punto

LA NOTIZIA

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

LA CONDANNA

Capitolo 1

Capitolo 2

LA NOTIZIA

Capitolo quattordicesimo

Capitolo quindicesimo

Capitolo sedicesimo

Capitolo diciassettesimo

Capitolo diciottesimo

Capitolo diciannovesimo

LA CONDANNA

Capitolo 3

LA NOTIZIA

Capitolo ventesimo

Capitolo ventunesimo

LA CONDANNA

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

LA NOTIZIA

Capitolo ventiduesimo

Capitolo ventitreesimo

LA CONDANNA

Capitolo 7

LA  NOTIZIA

Capitolo finale

Anche questa volta – Il Paradiso non esiste – Trama

Anche questa volta

Trama

Il Paradiso non esiste

Sembri

Sembri

Per Aurora – volume secondo – TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Per Aurora – volume secondo di Bruno Mancini

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Per Aurora – volume secondo – Vetrina LULU

Per Aurora volume secondo di Bruno Mancini

seconda edizione

ID wdnrww

ISBN 978-1-4710-7753-1


Dettagli
Data di pubblicazione 24 ago 2022
Lingua italiano
ISBN 9781471077531
Categoria Narrativa
Copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Collaboratori Di (autore): Bruno Mancini

Specifiche di Libro
Pagine 102
Parole chiave Amore passione Ischia paradiso storie

Libro Dimensioni: A5 (148 x 210 mm)
Colore del contenuto: Bianco e nero Standard
Tipo di carta: 60# Bianco
Libro Tipo di rilegatura: Libro a copertina morbida
Finitura di copertina: Lucido

Titolo Per Aurora volume secondo
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
Marchio editoriale/Casa editrice Lulu.com
Licenza di copyright Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini

Descrizione
Dopo una notte nera, di incubi ed insonnie, passata tra una poltrona, una finestra, una birra, un sigaro, un boccale di distillato al peperoncino, un panettone, una musica jazz, una pisciata, una telefonata alla stronzetta di turno, una mezza bottiglia di un così detto spumante, la notte dell’ultimo dell’anno, buttata via nel tentativo di darmi una spiegazione priva di alibi, incertezze, imprecisioni, ipocrisie, teoremi, assiomi, postulati, a caccia di una mosca, nera, grassa, sudicia, petulante, imprevedibile, una notte lunga, interminabile, inusuale, la notte dell’ultimo dell’anno, spiaccicata, tra pranzo e cesso, per un malessere sconosciuto.
Punto.
Per una frase non conclusa.
Note sui collaboratori

Tabella dei contenuti
Per Bruno Mancini: brevi commenti amichevoli.
“Percorso di memoria o ricerca di spazi temporali virtuali?”
“Il continuo intersecarsi di livelli di identità con ipotesi e incarnazioni simboliche…”
“…sembrano accarezzare un sogno lontano, una speranza che non sarà mai certezza, un miraggio di felicità che si perde oltre l’orizzonte illusorio di fragili esistenze.”
“…a volte lirismo crepuscolare, intriso di soffusa malinconia, di struggente tristezza.”
“Opera interessante per i contenuti e le tematiche affrontate, nonché per i valori estetici…”
“… seria preparazione, corredata da rimarchevole fantasia.” “… lavoro meditato, armonioso di buon afflato poetico.”
“… sincero, elegante, sempre aderente al soggettivismo letterario del particolare momento che attraversiamo.”
“Non racconto né romanzo, più che risolverli lascia aperti molti quesiti anche sul piano puramente tecnico linguistico.”
“Una prosa lacerata e sfuggente…”
“Le aperture liriche, più che segnare il passo dell’emozionalità, offrono un ulteriore invito a perdersi nei labirinti della parola scritta…”
“Quasi poesia cruda, percuote e carezza, giovane e antica…”
“Lavoro intenso, vissuto nella profondità della sua composizione, fatta di toni e di immagini…”
“Una voce nuova che chiama ad ascoltarla ed a giudicarla senza inibizioni, come liberamente essa è sviluppata.”
“Troverete un urlo e un soffio di amore, un vuoto, immersi nella forza e nella malinconia di chi comprende che…”

Categoria principale BISAC
POETRY / Subjects & Themes / Love & Erotica
Categoria BISAC 2
FAMILY & RELATIONSHIPS / Love & Romance

Info: Bruno Mancini
Cell. 3914830355 – tutti i giorni dalle 14 alle 23
[email protected]